A cura di Silvia (05/2017)
Voto:
Voglia di thriller spesso e volentieri coincide con voglia di
Fitzek, e un suo romanzo
non dovrebbe mai mancare nella casa di un'amante del genere,
un po' come una buona bottiglia di vino che si conserva per le
occasioni speciali.
Peccato che in tutto i titoli pubblicati siano otto e che io sia già a
quota cinque. Be', adesso sei.
Rispetto ad altri suoi romanzi ho sempre rimandato la lettura
de Il Gioco degli Occhi
per un motivo molto futile: fa parte di una duologia. Insomma, chi mi
conosce sa il grande conflitto che viviamo io e le saghe; temevo un
cliffhanger finale, un epilogo che invece di dare risposte ponesse
nuove domande, ma devo dire che, anche se nuovi scenari si aprono,
altri si chiudono. Sfogliata l'ultima pagina nessuna frustrazione, se
non dovuta a un dettaglio che ha rovinato il mio modo di concepire un
thriller: l'elemento
paranormale.
Il Gioco degli Occhi è
un thriller che ti inchioda alla poltrona, Fitzek è sempre il solito
burattinaio che tira i fili non solo dei suoi personaggi, ma anche dei
suoi lettori, facendogli credere quello che più gli fa comodo, ma
davanti a certe tematiche sono troppo sensibile e non c'è Fitzek che
tenga.
A livello stilistico però l'ho trovato uno dei suoi romanzi meglio
scritti. Più volte ho sottolineato la straordinaria
capacità di intrattenimento che ha l'autore, a discapito anche di
personaggi poco approfonditi, ma questa volta la ricercatezza è
capillare sotto ogni punto di vista.
Alexander Zorbach a causa di un increscioso episodio ha appeso
il distintivo al chiodo e ora insegue i criminali armato di
registratore, penna e taccuino. È irresistibilmente attratto dal male,
a tal punto da mandare a monte il suo matrimonio e trascurare il
figlio, perché prima di tutto c'è
un'irrefrenabile e insana bramosia di
essere sempre sul pezzo.
Per le vie di Berlino si aggira un serial killer che rapisce i bambini
dopo averne ucciso la madre, e lascia al padre 45 ore di tempo per
trovarli, Alexander è sulle sue tracce, ma da cacciatore ben presto si
troverà preda. I ruoli si confonderanno in un abile gioco delle parti e
la caccia al topo terminerà con un countdown crudele e macchinoso reso
ancor più teso dalla numerazione delle pagine fatta al contrario (Fitzek ama questi giochetti!).
Una
specie di caccia al tesoro in cui il premio sarà la vita di un bambino
innocente.
Ma Alexander non sarà solo. A coprirgli le spalle il suo fidato
assistente e Alina Gregoriev, una ragazza cieca che afferma di aver
toccato il killer e di aver percepito la morte sulla sua pelle. Una
sensitiva sulle cui dita scorre il passato delle persone, e le cui visioni saranno degli
step fondamentali nello snodo del romanzo. E qui mi fermo,
1) per non dirvi troppo della trama 2) perché avrete già capito qual è
stato il mio limite; l'indagine che a tratti devia nel paranormale è
una cosa che purtroppo ha tolto tanta credibilità al romanzo e
nonostante questo particolare sia riportato sul retro copertina, non
volevo crederci. Insomma,
il bello di Fitzek è che con lui tutto quello che sembra impossibile
solitamente ha una spiegazione razionale e scientifica, e
io l'ho aspettata fino all'ultimo, arrivando a sentirmi come una
bambina a cui hanno fregato il barattolo di Nutella. Fitzek... si fanno queste cose?
Tu, che sei un abile
negoziatore di bugie e verità, dovevi stupirmi anche questa volta,
dovevi farlo fino in fondo, dovevi fregarmi come solo tu sai fare,
invece no. Hai scritto un thriller pieno di tensione, hai dato vita a
protagonisti complessi e tormentati come piacciono a me (anche se
leggermente stereotipati), hai pure orchestrato un paio di colpi di
scena niente male, ma
la sensitiva non me
la dovevi mettere! Sarei una bugiarda a dire che la sua
presenza ha totalmente rovinato la lettura, ormai quando un romanzo non
mi piace in toto lo abbandono senza riserve, ma Il Gioco
degli Occhi poteva,
anzi doveva, prendere strade diverse. Certo, adesso sarei
pronta per iniziare il seguito con maggiore consapevolezza, ma ne ho
davvero voglia?