Il Prigioniero del Cielo di Carlos Ruiz Zafón

A cura di Silvia  
Voto:


"Ci sono epoche e luoghi in cui essere nessuno
è più onorevole che essere qualcuno."


Ho detto che non avrei mai parlato male di Zafon, nemmeno sotto tortura, e non lo farò. Non si può parlare male di un autore che ha il raro dono di tessere incantesimi intorno alle parole, però Il Prigioniero del Cielo, non è stato - ahimè - all'altezza dei suoi due predecessori.
Sia chiaro, è un libro scritto magnificamente, ma la presa che ha sul lettore non è di quelle che ti tolgono il respiro annullando addirittura lo scorrere del tempo e i paragoni con L'Ombra del Vento e Il Gioco dell'Angelo - inevitabili - l'hanno penalizzato ulteriormente.
Ne Il Prigioniero del Cielo Zafon non porta ulteriormente avanti la storia (non più di tanto), ma ci dà nuovi tasselli del passato di Fermin da incastrare nel presente di Daniel Sempere.
Buona parte del romanzo è proprio un lungo flash back che vede questo insolito e incredibile personaggio prigioniero nel castello di Montjuïc insieme a David Martín l'ambiguo scrittore che era sceso a patti con il Male.
Nonostante credessi che a farmi emozionare sarebbero stati Daniel e Bea, finalmente sposati e con un bambino da crescere, Fermin si è riconfermato un grande cantastorie e alla fine, questo vagabondo anticonformista e insolitamente acculturato, ha rubato le luci della ribalta mettendo in ombra gli stessi protagonisti. Eppure, nonostante abbia riempito il libro di promemoria, tutte le allegorie e i sillogismi di Fermin (adoro il suo esistenzialismo cinico e pieno di sarcasmo) non mi sono bastati per dare al romanzo più di tre stelline. Un voto che odio tra l'altro. Un voto che non avrei mai voluto dare a Zafon.
Il palcoscenico è sempre la bellissima Barcellona, questa volta seppellita sotto una coltre di neve e segreti; al carismatico cast si aggiunge Mauricio Valls l'incarnazione del lato peggiore del regime franchista, oltre a essere un uomo privo di talento che tenta di sfruttare quello altrui; ma la sceneggiatura, solitamente dinamica e suggestiva, non presenta quegli elementi che tanto mi avevano fatto apprezzare l'autore spagnolo. Oserei dire che gli avvenimenti de Il Prigioniero del Cielo non necessitavano di un intero romanzo, ma potevano benissimo far parte di un libro più corposo. In fondo Zafon ci dice tutto e niente, cosa che non era mai successa, perché per quanto i suoi epiloghi si aprissero a nuove possibilità lasciavano comunque un forte senso di completezza e appagamento. In questo caso invece sembra che tutto sia pilotato per arrivare al colpo di scena finale che purtroppo non stupisce più di tanto dal momento che la vita di Isabella (la madre di Daniel) è sempre stata un misto di luci e tenebre.
Poi è inutile dirlo, il romanzo si legge bene, la traduzione rende assolutamente giustizia all'autore, e va benissimo spalancare nuove finestre verso orizzonti ancora sconosciuti, ma questa volta ci sono troppi spifferi e poca soddisfazione.


Tetralogia Il Cimitero dei Libri Dimenticati
1. La sombra del viento - L'Ombra del Vento
2. El juego del ángel - Il Gioco dell'Angelo
3. El prisionero del cielo - Il Prigioniero del Cielo
4. non ancora pubblicato



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Titolo originale
El prisionero del cielo

Casa Editrice 
Mondadori, 2012

Genere
narrativa

Pagine  349