A cura di Silvia
Voto:
"Ci sono epoche e luoghi in cui essere
nessuno
è più onorevole che essere qualcuno."
Ho detto che non avrei mai parlato male di Zafon, nemmeno sotto
tortura, e non lo farò. Non si può parlare male di un autore che ha il
raro dono di tessere incantesimi intorno alle parole, però Il Prigioniero del Cielo,
non è stato - ahimè - all'altezza dei suoi due predecessori.
Sia chiaro, è un libro scritto magnificamente, ma la presa che ha sul
lettore non è di quelle che ti tolgono il respiro annullando
addirittura lo scorrere del tempo e i paragoni con L'Ombra
del Vento e Il Gioco dell'Angelo - inevitabili
- l'hanno penalizzato ulteriormente.
Ne Il Prigioniero del Cielo Zafon non porta ulteriormente avanti la
storia (non più di tanto), ma ci dà nuovi tasselli del passato di
Fermin da incastrare nel presente di Daniel Sempere.
Buona parte del romanzo è proprio un lungo flash back che vede questo
insolito e incredibile personaggio prigioniero nel castello di Montjuïc
insieme a David Martín l'ambiguo scrittore che era sceso a patti con il
Male.
Nonostante credessi che a farmi emozionare sarebbero stati Daniel e
Bea, finalmente sposati e con un bambino da crescere, Fermin si è riconfermato un
grande cantastorie e alla fine, questo vagabondo
anticonformista e insolitamente acculturato, ha rubato le luci della
ribalta mettendo in ombra gli stessi protagonisti. Eppure, nonostante
abbia riempito il libro di promemoria, tutte le allegorie e i
sillogismi di Fermin (adoro il suo esistenzialismo cinico e pieno di
sarcasmo) non mi sono bastati per dare al romanzo più di tre stelline.
Un voto che odio tra l'altro. Un voto che non avrei mai voluto dare a
Zafon.
Il palcoscenico
è sempre la bellissima Barcellona, questa volta seppellita sotto una
coltre di neve e segreti; al carismatico cast si aggiunge
Mauricio Valls l'incarnazione del lato peggiore del regime franchista,
oltre a essere un uomo privo di talento che tenta di sfruttare quello
altrui; ma la sceneggiatura,
solitamente dinamica e suggestiva, non presenta quegli elementi che
tanto mi avevano fatto apprezzare l'autore spagnolo. Oserei dire che
gli avvenimenti de Il Prigioniero del Cielo non necessitavano di un
intero romanzo, ma potevano benissimo far parte di un libro più
corposo. In fondo Zafon
ci dice tutto e niente, cosa che non era mai successa,
perché per quanto i suoi epiloghi si aprissero a nuove possibilità
lasciavano comunque un forte senso di completezza e appagamento. In
questo caso invece sembra che tutto sia pilotato per arrivare al colpo
di scena finale che purtroppo non stupisce più di tanto dal momento che
la vita di Isabella (la madre di Daniel) è sempre stata un misto di
luci e tenebre.
Poi è inutile dirlo, il romanzo si legge bene, la traduzione rende
assolutamente giustizia all'autore, e va benissimo spalancare nuove
finestre verso orizzonti ancora sconosciuti, ma questa volta ci sono troppi
spifferi e poca soddisfazione.
Tetralogia Il Cimitero dei Libri Dimenticati
1. La sombra del viento - L'Ombra del Vento
2. El juego del ángel - Il Gioco dell'Angelo
3. El prisionero del cielo - Il Prigioniero del Cielo
4. non ancora pubblicato