A cura di Silvia (03/2018)
Voto:
Oggi parto dalla fine, dai ringraziamenti che sono forse la
parte che ho preferito in questo romanzo, mi hanno fatto comprendere le
buone intenzioni dell'autrice che a cuore aperto afferma: la seconda
guerra mondiale mi ha sempre affascinata, ma non avevo mai pensato che
sarei riuscita a scrivere un libro ambientato in quel periodo,
semplicemente a causa della vastità del tema e dell'enormità del
compito.
Premettendo che l'aggettivo "affascinata" mi sembra totalmente fuori
luogo, mi spiace dovertelo dire Amy ma, in effetti, non ci sei riuscita.
Questo libro dal punto di vista storico è un insieme di informazioni
estrapolate dai testi di storia, non ci sono emozioni, non si
percepisce la paura, manca il dolore di un popolo che voleva essere
sterminato. In breve, perché i preamboli non fanno per me, questo libro è orrendo. E
proprio perché, come dici, il tema è decisamente vasto, non c'era
bisogno che dicessi
tutto.
Io me la vedo l'autrice. Seduta alla scrivania, davanti al pc, ad
appuntarsi date, nomi ed eventi, convinta di poter entrare in una delle
crepe più profonde della Storia dell'umanità e renderle giustizia. Ma
il grande dramma del romanzo è proprio questo, sembra un compitino
svolto per dovere, sembra scritto a tavolino, sembra fatto "tanto per".
D'altronde come si può parlare di un qualcosa che non si conosce?
Soprattutto in termini
tanto pretenziosi? Impossibile.
Inserire il romance in un contesto del genere poteva essere la mossa
giusta, io amo, amo, amo e stra-amo
Il
Cavaliere d'Inverno di Paullina Simons, per me
guerra e amore portano l'eco e il nome di Tatiana e Alexander, ma ho
capito che la magia non si sarebbe ripetuta non appena ho letto i nomi
dei due protagonisti: Angelo Bianco e Eva.
Sì. Avete letto bene.
Il protagonista si chiama Angelo. Angelo di nome. Bianco di cognome. Ed
è un prete. *un minuto di silenzio, grazie*
Lei è Eva, la tentatrice. Ed è ebrea. *un altro minuto di silenzio,
grazie*
Se l'ondata di cliché non vi ha spazzato via e siete ancora qui,
continuiamo.
I due si amano da sempre (non
si capisce come), lui comunque prende i voti (non si capisce perché),
e lei continua a osservare la vastità del #cazzomenefrega facendo un
po' quello che le pare.
Si parla della caduta di Mussolini, dell'ascesa di Hitler, delle leggi
razziali che si fanno via via più rigide e in un panorama politico e
sociale in cui imperversa il #mainagioia Angelo e Eva sono 'na mazzata
in mezzo ai denti. La loro storia è a dir poco imbarazzante costellata
da dialoghi terribilmente banali, roba che manco Liala si sarebbe
sognata di scrivere, nemmeno sotto gli effetti della metanfetamina.
Lui noioso come non mai, con quelle sue prevedibilissime e costruite
frasi del tipo "io ripongo la mia fede il Dio, non nella gente".
Scusate, ma io non ce la potevo fare. Mi saliva la bile. E non perché
mi diverta a sbeffeggiare il senso religioso del libro, ma proprio
perché è l'autrice stessa a farlo senza nemmeno rendersene conto. Le banalità si sprecano.
Eva è descritta come una ragazza bellissima, una virtuosa della musica
abituata a non ascoltare nessuno e a seguire sempre il cuore e gli
ideali. Mi chiedo come una così possa essere sopravvissuta invece, a
parte qualche piccola ammaccatura, cade sempre in piedi. E poi è
fastidiosa. Priva di una vera personalità dirompente. Insomma quello
che l'autrice scrive di lei a me non è arrivato.
Amy Harmon non rende giustizia nemmeno ai personaggi storici realmente
esistiti che ha inserito nel romanzo, romanzo dedicato tra l'altro a
uno di loro, ovvero al rabbino Nathan Cassuto (capo spirituale degli
ebrei) ennesima figurina che sembra ritagliata dall'ultimo Art Attack
di Giovanni Muciaccia.
Detto questo, dopo pagine e pagine in cui l'orrore della guerra lo si
vive solo perché è scritto (le emozioni sono rimaste attaccate alla
penna) e la storia d'amore appassiona quanto il bugiardino dei
lassativi, si arriva al tanto agognato finale. Quello che non ti ripaga
delle trecento e passa pagine lette, ma ti da pure il colpo di grazia.
Perché ok, i lieto fine ci piacciono, spesso li pretendiamo, ma non
così. Mi sembrava di aver mangiato dieci pacchetti di big babol ed
essermi fatta scoppiare in faccia un numero imprecisato di palloncini.
Avevo le vertigini, gli zuccheri alle stelle e mi veniva da piangere.
Sì, perché questo era il mio battesimo con Amy Harmon, l'autrice che
tutti amano, che tutti leggono e che su goodreads non ha mai meno di 4
stelline. So che probabilmente gli altri suoi libri non sono così, sono
dell'idea che abbia fatto il passo più lungo della gamba, sia
inciampata e abbia sbattuto la testa. Mi spiace dirlo (no, non è vero), ma Il Segreto di Eva è uno dei libri più insulsi,
melensi e meno coinvolgenti che abbia letto di recente.
Quasi quasi mi vado a ripassare Uccelli
di Rovo. Viva Padre Ralph. Ode a Padre Ralph! Non pensavo
che l'avrei mai potuto dire, ma la Harmon ha compiuto questo miracolo.