A cura di Silvia (2011)
Voto:
"Piantai
un seme d’odio nel mio cuore. Giurai che sarebbe cresciuto fino a
diventare un albero imponente, le cui radici li avrebbero strangolati
tutti."
Ci sono libri e libri, questo è indubbio. Ci sono i romanzi in grado di
farti evadere dalla realtà, quelli che ti trasportano in mondi
inesistenti e ti fanno sognare. E ci sono quei romanzi invece che ti
buttano in faccia una realtà che forse non conoscevi, una verità
seppellita dagli anni che brama di venire a galla per non essere
dimenticata. “Avevano Spento Anche la Luna” fa parte di quest’ultima
categoria.
Definirlo romanzo forse è anche riduttivo. È uno spaccato di storia,
una fotografia che il tempo non ha potuto sbiadire.
È il 14 Giugno 1941 quando la Polizia Sovietica irrompe in casa di Lina
per deportare lei e la sua famiglia. Dove non si sa. Non sono tenuti a
sapere niente. Quello che regna è il silenzio, una tacita paura per la
mancata consapevolezza di quello che si dovrà affrontare. Ma è con
grande dignità, coraggio e una giuste dose di odio che Lina riuscirà a
sopportare ogni più indicibile forma di violenza e umiliazione. Ed è la
speranza, l’unico ossigeno a tenerla in vita, a spingerla a disegnare
tutto quello che vede, a mettere nero su bianco le scene che le passano
davanti agli occhi, scene che non potrà mai dimenticare, e che devono
essere tramandate nella memoria di tutte le generazioni che verranno.
Un blocco e una matita
sono la sua sola verità, perchè parlare
significa morire. Ribellarsi significa essere costretti a
ulteriori anni di lavori forzati.
Lina non ha ancora 16 anni quando viene fatta salire, con la madre e il
fratellino di 11 anni, su un vagone con su scritto “Ladri e
Prostitute”. Un vagone precedentemente usato per il bestiame su cui i
sovietici ammassano le persone proprio come se fossero animali. A
essere deportati sono uomini e donne con la sola colpa – infondata – di
esercitare attività antisovietiche. La deportazione serve a cancellarli
dalla faccia della Terra. A sfruttarli finché riusciranno a lavorare e
a farli morire di fame e di stenti. Ma soprattutto di freddo. Lina
attraverserà la Siberia fino al Polo Nord e ci passerà 11 anni della
sua vita lottando con le unghie e con i denti…
"Il
successo significava sopravvivere. Il fallimento significava morire. Io volevo la vita. Volevo sopravvivere." |
Passeranno 11 anni prima che possa rivedere di nuovo la sua immagine allo specchio. Ma nemmeno la fine del regime di Stalin renderà i lituani liberi. Una coltre di opprimente paura li porterà a tacere, a non rivelare a nessuno quello che sono stati costretti a vedere e a subire. Ma come Lina, l’orrore molti l’hanno tramandato coi disegni e la musica.
E questo libro ha il medesimo
scopo. Imprimere sulla
carta un passato
che non può essere insabbiato.
Uno stile leggero e scorrevole per una storia dura, ingiusta e
dolorosa raccontata con grande delicatezza dalla
voce di una
donna che non solo è autrice, ma è soprattutto la figlia di un
rifugiato lituano. E gli episodi narrati purtroppo sono tutti realmente
accaduti.
Avrei solo voluto un epilogo più lungo per dare a Lina quello che 11
anni di prigionia le avevano tolto, ma va bene anche così. "Avevano
Spento Anche la Luna" resta comunque un romanzo importante,
da
conservare, prestare, regalare.
Titolo
originale Casa
Editrice Genere: Pagine
298 |