A cura di Silvia (10/2014)
Voto:
Sapete (?) quanta poca affinità io abbia con i francesi (non per niente
ne ho sposato uno) pertanto sono solita evitare autori, registi e
attori che vantano suddetta origine. Poi mi capita di vedere La Pelle che Abito,
lungometraggio controverso di Pedro Almodovar, scopro che è tratto da
un romanzo breve di Thierry Jonquet, scrittore parigino scomparso nel
2009 a soli 55 anni, e in quatto e quattr'otto decido di mettere da
parte ogni pregiudizio per dare una possibilità a questa lettura.
D'altronde sono sempre pronta a cambiare idea, anzi, non aspetto altro.
Solo che alla fine mi tocca darmi ragione... u.u
Non che Tarantola sia un brutto romanzo, ma credevo di avere tra le mani il
più nero dei noir invece per quanto la storia sia perversa, malata e
cattiva non lascia spazio alle emozioni. Il dolore non lo
senti. La sete di vendetta non la condividi. La paura non accelera i
battiti del tuo cuore. Ne esce un qualcosa di completamente asettico
che se da una parte ti lascia sgomento dall'altra non ti fa provare
assolutamente nulla. Lo chiamavi Tarantola in ricordo
dei tuoi passati terrori. Tarantola, un nome a consonanza femminile, un
nome di animale ripugnante che non concordava con il suo sesso né con
l'estrema raffinatezza che sapeva mostrare nella scelta dei tuoi
regali...
Ma Tarantola perché lui era come il ragno, lento e segreto, crudele e
feroce, avido e inafferrabile nei suoi disegni, nascosto da qualche
parte in quella dimora dove ti sequestrava da mesi, una tela di lusso,
una trappola dorata di cui lui era il carceriere e tu il detenuto.
Da cosa dipende tutto questo?
Strutturalmente Tarantola
è perfetto. Abbiamo tre piani narrativi apparentemente indipendenti
l'uno dall'altro che vedono protagonisti personaggi tormentati, ambigui
e sadici.
Ci sono Richard Lafargue e Eve. Lui chirurgo plastico, lei donna alla
sua mercé. Richard la sfoggia come un trofeo, la tratta come un
oggetto, la tiene segregata tra le quattro mura di un
appartamento all'interno della sua lussuosa villa e la costringe a
prostituirsi regolarmente tutti i mesi.
Poi c'è Alex, un balordo braccato dalla polizia alla ricerca di una via
di fuga.
E infine c'è la coscienza di Vincent - un io fin troppo impersonale -
che racconta la sua prigionia, le umiliazioni subite, l'addestramento a
cui sarà sottoposto e l'evoluzione dei uno stato d'animo che dalla
paura sfocerà addirittura nella gratitudine.
Il primo lampante difetto è che il romanzo, seppure breve, non
decolla. Per circa settanta pagine non c'è nulla che desti interesse o
curiosità e tutto procede in modo tedioso e poco avvincente. Eppure è
palese che dietro a Richard, Eve, Alex e Vincent si celino segreti
inconfessabili e azioni crudeli, non per niente Tarantola è la
storia di una vendetta spietata e di impossibile comprensione. Supera
quel confine che ogni persona crede di aver già oltrepassato magari con
un altro romanzo, per merito forse di un altro autore. E nonostante non
ci sia mai limite al peggio credo sia difficile trovare qualcosa che si
avvicini al parto mentale di Jonquet, a parte forse Invisible Monster
che gode però di uno stile completamente differente.
A penalizzare ulteriormente il romanzo infatti è proprio lo stile. Non
opprime, non soffoca, non è quasi per niente empatico, mi
viene da
pensare che Tarantola
sia finito sugli scaffali delle librerie
esclusivamente per merito del film.
C'è da dire però che la seconda parte è decisamente più avvincente e
meglio articolata. Le tre storie finalmente si intersecano, il ritmo
accelera e i perché
si rivelano uno a uno, lasciando intuire un epilogo capace di rasentare
la follia più estrema. Il finale infatti è spiazzante, ma
purtroppo è anche
approssimativo e veloce, forse perché tenta di mascherare con furbizia
alcuni espedienti poco logici. Però è inutile negarlo, Tarantola ti lascia
stordito, quasi interdetto, il respiro per qualche secondo si ferma.
Ma non basta per andare oltre la sufficienza.
Mi aspettavo un libro sul dolore, sui mezzi che siamo disposti a usare
pur di superarlo e di come questo rischi di diventare parte integrante
di noi. Una strana convivenza. Un bisogno primordiale dell'uomo, quello
di preservarsi a ogni costo.
Ne esce una storia
sicuramente malata, ma non c'è contagio e si
guarisce troppo in fretta.