A cura di Silvia (09/2014)
Voto:
Mi sa che M.J. Arlidge finisce dritto dritto nel club degli
autori furbi insieme a Dan Brown e Glenn Cooper. La sua tessera non è
gold e nemmeno premium, però insomma, già averlo fatto entrare a far
parte di questo prestigiosissimo gruppo (da me fondato) non
è una cosa da poco...
Il bello è che stava per fregarmi.
Capitoli brevi con finali d'impatto. Wow!
Stile essenziale ma adrenalinico. Doppio
wow!
Una componente horror che mantiene il livello d'allerta alle stelle.
Triplo wow!
Protagonisti con background complessi. Super wow!
Un serial killer sadico e spietato che rapisce coppie di persone che
devono decidere chi di loro morirà e chi invece potrà salvarsi. Wow all'ennesima potenza!
Tutto mi faceva presagire che questo fosse il libro perfetto per me.
Tra l'altro l'autore non si perde in tante chiacchiere e parte subito
con una scena carica di tensione, addirittura ansiolitica: due
fidanzati abbandonati sul fondo di una piscina vuota e una pistola che
decreterà le loro sorti. Tu vivi, io muoio.
Le pagine sono permeate da un forte senso d'inquietudine e anche se la
storia risente di una certa ripetitività data dall'alternarsi delle
indagini coi rapimenti, tutto è ben congegnato, soprattutto perché le
vittime di questo sadico gioco sono sempre diverse le une dalle altre e
le loro azioni si riveleranno lo specchio di un "io" a
volte prevedibile, ma in alcuni casi del tutto inaspettato.
Perché quando si è sul punto di morire si può arrivare a compiere
qualsiasi gesto pur di salvarsi.
E da qui il fulcro del libro. Un
libro che stuzzica la mente. Fino a che punto può spingersi
il nostro istinto di sopravvivenza? Può una vita valere più di
un'altra? E un omicidio quanto pesa sulla coscienza?
Poi a un certo punto tutta la riflessione sugli aspetti più bui
dell'essere umano tende a perdersi, come se quel meccanismo che
all'inizio faceva funzionare il romanzo alla perfezione si stesse via
via inceppando.
L'autore inizia a raccontarci la vita privata di Helen Grace (la tosta
investigatrice addetta al caso), ci offre rapidi fotogrammi sul "dopo"
dei sopravvissuti ai rapimenti, inserisce inquietanti istantanee su un
passato fatto di violenze e abusi.
Inizialmente sono particolari interessanti, ma alla lunga i brividi,
l'ansia e l'orrore lasciano il posto a una domanda che nessun lettore
dovrebbe mai farsi. E
allora? Dove vogliamo andare a parare?
Troppa carne al fuoco. Troppi ritagli di vite. Troppi i pezzi di un
collage ricostruito in modo frettoloso e sommario.
E poi il finale. Può un epilogo non soddisfacente rovinare una lettura
per 3/4 buona?
Sì.
Assolutamente sì.
In un thriller il finale è tutto. Può salvare una lettura mediocre o
inabissarne una buona con la stessa facilità. In questo caso l'epilogo
è stato l'iceberg che ha fatto colare a picco M.J. Arlidge e il suo
romanzo (un autore
affonda sempre col suo libro, sappiatelo), ma per questa
volta ho voluto lanciargli un salvagente, soppesando razionalmente i
pro e i contro. Ma ripeto. In un thriller il finale è tutto. Un bravo autore di gialli deve
portarti sulla strada sbagliata, deve sorprenderti, deve riuscire con
un capitolo a ribaltare tutti quelli precedenti.
Darò
comunque un'altra possibilità all'autore. Trattandosi di un romanzo
d'esordio e visto le ottime premesse, spero che acquisisca una certa
padronanza nel sceneggiare le sue storie e che non perda la vena sadica
che gli ha permesso di guadagnarsi le tre stelline.
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