A cura di Silvia (04/2016)
Voto:
Interessante
questo ultimo romanzo di Donato Carrisi, anche se mai avrei pensato di
usare un aggettivo del genere per introdurre un suo libro. Magari oscuro, folle, macabro,
ma non interessante...
Eppure ho ritrovato tra le pagine de La Ragazza nella Nebbia lo
stesso
scrittore pugliese che durante una presentazione a Imola parlava di
come il crimine spesso sia solo un business, un mero affare mediatico,
e di come la verità venga strumentalizzata e mistificata per fini
puramente commerciali.
Attraverso una storia orchestrata come uno di quei fatti di
cronaca che la tv ama tanto propinarci in ogni salsa e a ogni ora,
assistiamo alla scomparsa di Anna Lou, una sedicenne tutta sole e
lentiggini, dai capelli rossi e l'animo gentile.
Il caso viene affidato a Vogel, un investigatore decisamente lontano
dai prototipi di integrità e giustizia a cui ci ha abituato la
letteratura sui generis.
Lui è un vero e proprio regista del crimine,
manipola i mass media per far assumere agli eventi proporzioni
eclatanti, finge un'empatia che non possiede e trasforma quello tocca
in un drammatico teatrino di maschere e figuranti.
Avechot, un piccolo paesino arroccato tra le Alpi, è il palcoscenico
dell'ennesima commedia degli orrori. Lui, l'indiscusso protagonista.
Non appena alcuni indizi portano dritti dritti a casa del professor
Martini, docente nella stessa scuola che frequentava Anna Lou, Vogel sa
di aver appena fiutato il suo
uomo, e senza tanti scrupoli lo dà in
pasto a un vero e proprio sciacallaggio mediatico.
Inizia così la spettacolarizzazione di un fatto di cronaca che non ha come fine la cattura di un colpevole o la ricerca della verità, quanto l'affermazione professionale di un uomo senza alcuna integrità morale, ed è la stessa società che glielo consente, perché ormai la giustizia non è più nelle mani della legge e dei tribunali.
In
una comunità pia e religiosa fino all'eccesso, l'ascesa di Vogel è
direttamente proporzionale alla caduta di Martini che ormai, agli occhi
di tutti, è il mostro.
Non gli è permesso dire e fare nulla perché in
televisione ogni singola parola e il più piccolo gesto lasciano un
segno indelebile.
E a pensarci bene è tutta qui la riflessione di Carrisi. Al di là del
giallo, al di là
della scomparsa di una sedicenne data per morta ancora prima di
rinvenirne il cadavere, la gente vuole solo dare un nome alla paura per
sentirsi di nuovo al sicuro. Vuole un colpevole da
maledire, un volto
in cui non riconoscersi, una storia da seppellire, come se non fosse
mai successo nulla, come se la nebbia potesse diradarsi cancellando
ogni orrore.
Certo, non è il solito
Carrisi de Il
Suggeritore,
non c'è quella penna opprimente e spettrale che ti faceva diventare
nero anche il sangue mentre leggevi, non ci sono personaggi di cui
vorresti sapere altro, perché quello che viene raccontato già ti basta,
e il colpo di scena finale non arriva come un cazzotto in pieno
stomaco... Però questo romanzo - un album in cui l'autore ha voluto
fotografare il male, l'ignoranza e l'arrivismo - l'ho sfogliato
volentieri. Il giallo non mi ha detto nulla di nuovo, l'analisi che
tiene insieme i pezzi della trama invece sì.