Io Uccido di Giorgio Faletti

A cura di Silvia  (2005)
Voto:

"Anche in questo siamo uguali. L'unica cosa che ci fa differenti è che tu, quando hai finito di parlare con loro, hai la possibilità di sentirti stanco. Puoi andare a casa e spegnere la tua mente e ogni sua malattia. Io no. Io di notte non posso dormire, perché il mio male non riposa mai."
"E allora tu che cosa fai, di notte, per curare il tuo male?"
"Io uccido…"

Con questa agghiacciante affermazione e una musica di sottofondo si chiude la telefonata che un sospetto mitomane fa a Jean-Loup Verdier, un DJ di Radio Monte Carlo, durante la gettonata trasmissione Voices.
Ma non si tratta di uno scherzo e ore dopo, quelle stesse parole, vengono ritrovate sul tavolo di una lussuosa barca, scritte col sangue di due vittime innocenti, massacrate e sfigurate.
Si apre la caccia, per dare un volto a un folle omicida che i volti li strappa alle persone che uccide.
È freddo, colto, fisicamente forte, astuto… e va fermato.

Accusato dalla critica di aver preso spunto da situazioni già viste e lette (ed in parte è vero), non si può negare che il collage finale, creato da Faletti, sia di ottima fattura.
Dopo un inizio altalenante, a tratti anche noioso, l'autore ti catapulta in una storia adrenalinica e avvincente.
Merito di una grande capacità descrittiva, in grado di risvegliare le immagini più paurose che una mente possa partorire, di un uso virtuoso della prosa e di personaggi che per quanto stereotipati, sono ottimamente tratteggiati. Spiccano dalle pagine del romanzo come attori sullo schermo.
Frank Ottobre, ex agente dell'FBI, è un protagonista disilluso e tormentato, costretto a vivere con il più terribile dei rimorsi un'esistenza priva di significato. Accetta l'incarico a Montecarlo per l'amicizia che lo lega a Nicolas Hulot, commissario della Sûreté del Principato, anche lui schiacciato da un indicibile fardello di dolore e sposato a una donna che per quanto meravigliosa, ha preferito rifugiarsi in una realtà dove la morte e la sofferenza non hanno accesso. A ostacolare le indagini ci pensano Ryan Mosse il capitano dell'esercito degli Stati Uniti, il classico "die hard" con tanto di cavi d'acciaio al posto dei nervi, e il suo mentore, Nathan Parker, padre della prima vittima. Violento quanto basta, prepotente quanto basta, bastardo quanto basta per entrare nelle antipatie del lettore da subito, Parker ha un'altra figlia, Helena, una giovane donna dai cui occhi si può intravedere tutta la tristezza del mondo.
Personaggi cliché in un'ambientazione che dei cliché è la regina: il Principato di Monaco. Montecarlo. Una città nata per apparire perfetta, per essere sulle copertine dei rotocalchi di gossip e di moda. Una città che investe quotidianamente su se stessa per mantenere viva l'immagine da cartolina che l'ha sempre contraddistinta agli occhi del mondo. Ma ora che il sangue macchia le prime pagine di tutti i quotidiani il dramma è doppio. Tanto più che la polizia è in mare aperto. Si sente beffata, derisa, presa costantemente per il naso dal folle Signor Nessuno che prima di colpire non manca di telefonare alla Radio. Giorno e notte le indagini tentano di procedere, ma ristagnano per la mancata o non corretta interpretazione degli indizi... e l'illusione momentanea di poter salvare una vita si trasforma nel più amaro rimorso per non esserci riusciti.
Tra questi personaggi si muove lui… e le descrizioni minuziose su come lavora una mente criminale, in bilico tra follia e razionalità, regalano freddi brividi di paura. 

Da un punto di vista narrativo ho trovato eccellente l'uso del tempo passato che improvvisamente passa al presente. Questa tecnica è incredibilmente d'effetto. È come una telecamera che gira indisturbata su un set cinematografico e poi, tutto d'un tratto, zooma sull'assassino, lo spia, lo osserva mentre la rabbia, incandescente come una lama rovente, lo assale prepotentemente e lo segue incessante fino a che la macabra danza termina e cala il sipario.
Ma questa di Faletti è un'opera prima e non può essere certamente priva di imperfezioni.
Nello stile c'è una certa retorica, un uso sovrabbondante delle parole, di metafore, di iperbole, luoghi comuni che spuntano come funghi e forse cento pagine in meno avrebbero reso il romanzo apprezzabile da un maggior numero di lettori. Ma quello che per alcuni può essere un difetto per altri potrebbe essere un pregio, basta non interpretare l'uso eccessivo dei vocaboli come una forma di esibizionismo da parte dell'autore.
Anche la scelta di rivelare il nome dell'omicida a tre quarti del libro potrebbe essere discutibile, ma è una mossa coraggiosa. Sappiamo chi è, ma tanti tasselli del puzzle mancano ancora e Faletti continua a catalizzare l'attenzione del lettore.
Che un appassionato di thriller intuisca chi è il killer dopo meno di cento pagine (ma anche meno)… questo no, non è discutibile. Difetto è, e difetto rimane.
In conclusione, se tralasciate una parte iniziale introduttiva e poco coinvolgente e non vi frenate davanti a un uso eccessivamente ricco della parola, sappiate che tra le mani avete un buon romanzo.
Se cercate suspense, l'avrete.
Se cercate il colpo di scena, ahimè no.
Sicuramente anni fa ci era difficile immaginare Giorgio Faletti, indimenticabile per aver portato sullo schermo personaggi esilaranti come Vito Catozzo, Suor Dalisio, il Ragazzo col Giumbotto -tanto per citarne alcuni- nei panni di scrittore. Eppure, oggi, lui è uno scrittore, e l'oltre milioni di copie vendute testimoniano un risultato più che dignitoso.
Da parte mia un applauso se lo merita.


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Titolo originale
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Casa Editrice 
Baldini Castoldi Dalai

Genere
thriller

Prezzo € 
Pagine  682






La Critica

"Uno come Giorgio in America si dice larger than life:
uno da leggenda"
Jeffery Deaver, Il Venerdì - La Repubblica

"Non ci crederete ma oggi quest'uomo
 è il più grande scrittore italiano"
Antonio D'Orrico, Sette - Corriere della Sera