A cura di Silvia (2005)
Voto:
"Anche in questo siamo
uguali. L'unica cosa che ci fa differenti è che tu, quando hai finito
di parlare con loro, hai la possibilità di sentirti stanco. Puoi andare
a casa e spegnere la tua mente e ogni sua malattia. Io no. Io di notte
non posso dormire, perché il mio male non riposa mai."
"E allora tu che cosa fai, di notte, per curare il tuo male?"
"Io uccido…"
Con questa agghiacciante affermazione e una musica di sottofondo si
chiude la telefonata che un sospetto mitomane fa a Jean-Loup Verdier,
un DJ di Radio Monte Carlo, durante la gettonata trasmissione Voices.
Ma non si tratta di uno scherzo e ore dopo, quelle stesse parole,
vengono ritrovate sul tavolo di una lussuosa barca, scritte col sangue
di due vittime innocenti, massacrate e sfigurate.
Si apre la caccia, per dare un volto a un folle omicida che i volti li
strappa alle persone che uccide.
È freddo, colto, fisicamente forte, astuto… e va fermato.
Accusato dalla critica di aver
preso spunto da situazioni già viste e
lette (ed in parte è vero), non si può negare che il collage finale,
creato da Faletti, sia di ottima fattura.
Dopo un inizio altalenante, a tratti anche noioso, l'autore ti
catapulta in una storia adrenalinica e avvincente.
Merito di una grande capacità descrittiva, in grado di risvegliare le
immagini più paurose che una mente possa partorire, di un uso virtuoso
della prosa e di personaggi che per quanto stereotipati, sono
ottimamente tratteggiati. Spiccano dalle pagine del romanzo come attori
sullo schermo.
Frank Ottobre, ex agente dell'FBI, è un protagonista disilluso e
tormentato, costretto a vivere con il più terribile dei rimorsi
un'esistenza priva di significato. Accetta l'incarico a Montecarlo per
l'amicizia che lo lega a Nicolas Hulot, commissario della Sûreté del
Principato, anche lui schiacciato da un indicibile fardello di dolore e
sposato a una donna che per quanto meravigliosa, ha preferito
rifugiarsi in una realtà dove la morte e la sofferenza non hanno
accesso. A ostacolare le indagini ci pensano Ryan Mosse il capitano
dell'esercito degli Stati Uniti, il classico "die hard" con tanto di
cavi d'acciaio al posto dei nervi, e il suo mentore, Nathan Parker,
padre della prima vittima. Violento quanto basta, prepotente quanto
basta, bastardo quanto basta per entrare nelle antipatie del lettore da
subito, Parker ha un'altra figlia, Helena, una giovane donna dai cui
occhi si può intravedere tutta la tristezza del mondo.
Personaggi cliché in un'ambientazione che dei cliché è la regina: il
Principato di Monaco. Montecarlo. Una città nata per apparire perfetta,
per essere sulle copertine dei rotocalchi di gossip e di moda. Una
città che investe quotidianamente su se stessa per mantenere viva
l'immagine da cartolina che l'ha sempre contraddistinta agli occhi del
mondo. Ma ora che il sangue macchia le prime pagine di tutti i
quotidiani il dramma è doppio. Tanto più che la polizia è in mare
aperto. Si sente beffata, derisa, presa costantemente per il naso dal
folle Signor Nessuno che prima di colpire non manca
di telefonare alla Radio. Giorno e notte le indagini tentano di
procedere, ma ristagnano per la mancata o non corretta interpretazione
degli indizi... e l'illusione momentanea di poter salvare una vita si
trasforma nel più amaro rimorso per non esserci riusciti.
Tra questi personaggi si muove lui… e le
descrizioni minuziose su come lavora una mente criminale, in bilico tra
follia e razionalità, regalano freddi brividi di paura.
Da un punto di vista narrativo ho
trovato eccellente l'uso del tempo
passato che improvvisamente passa al presente. Questa tecnica è
incredibilmente d'effetto. È come una telecamera che gira indisturbata
su un set cinematografico e poi, tutto d'un tratto, zooma
sull'assassino, lo spia, lo osserva mentre la rabbia, incandescente
come una lama rovente, lo assale prepotentemente e lo segue incessante
fino a che la macabra danza termina e cala il sipario.
Ma questa di Faletti è un'opera prima e non può essere certamente priva
di imperfezioni.
Nello stile c'è una certa retorica, un uso sovrabbondante delle parole,
di metafore, di iperbole, luoghi comuni che spuntano come funghi e
forse cento pagine in meno avrebbero reso il romanzo apprezzabile da un
maggior numero di lettori. Ma quello che per alcuni può essere un
difetto per altri potrebbe essere un pregio, basta non interpretare
l'uso eccessivo dei vocaboli come una forma di esibizionismo da parte
dell'autore.
Anche la scelta di rivelare il nome dell'omicida a tre quarti del libro
potrebbe essere discutibile, ma è una mossa coraggiosa. Sappiamo chi
è, ma tanti tasselli del puzzle mancano ancora e Faletti
continua a catalizzare l'attenzione del lettore.
Che un appassionato di thriller intuisca chi è il killer dopo meno di
cento pagine (ma anche meno)… questo no, non è discutibile. Difetto è,
e difetto rimane.
In conclusione, se tralasciate una parte iniziale introduttiva e poco
coinvolgente e non vi frenate davanti a un uso eccessivamente ricco
della parola, sappiate che tra le mani avete un buon romanzo.
Se cercate suspense, l'avrete.
Se cercate il colpo di scena, ahimè no.
Sicuramente anni fa ci era difficile immaginare Giorgio Faletti,
indimenticabile per aver portato sullo schermo personaggi esilaranti
come Vito Catozzo, Suor Dalisio, il Ragazzo col Giumbotto -tanto per
citarne alcuni- nei panni di scrittore. Eppure, oggi, lui è
uno scrittore, e l'oltre milioni di copie vendute
testimoniano un risultato più che dignitoso.
Da parte mia un applauso se lo merita.
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