A cura di Silvia (02/2019)
Voto:
Brutto. Non mi viene in mente un altro aggettivo per definire
questo libro e nonostante sembri la solita guastafeste (a quanto pare Addicted sta
piacendo a molti lettori!) giuro che mi sono impegnata per
trovarci qualcosa di buono ma, o mi serve un cane per
ciechi, o forse c'è davvero poco da salvare.
Non butto via l'idea, la premessa in sé non è male, un gruppo di
persone affette da varie tipologie di ossessioni - che possono andare
dal controllo maniacale della propria forma fisica, alla ludopatia -
vengono rinchiuse in una clinica in cui, grazie a un nuovo metodo
sperimentale, guariranno nel giro di un mese.
Interessante? Sì, peccato
che per le prime cento pagine non succeda assolutamente nulla
e considerando che il libro ne conta centottanta non è proprio il
massimo. Non si crea nemmeno quella sorta di sottinteso malessere, le
atmosfere non sono suggestive (ma
la clinica del Ladro
di Anime
l'avete presente? ecco quella è una location coi controca**i!)
e si procede un po' per inerzia e un po' perché lo stile di Roversi è
semplice e scorrevole. Ma attenzione, uno stile semplice, ci tengo a
sottolinearlo, può essere anche incisivo, potente, evocativo, ma in
questo caso siamo a livelli basici. Quasi banali. I personaggi sono
privi di un certo spessore psicologico, le situazioni sono narrate
senza enfasi e anche i capitoli, brevi, non hanno le tipiche frasi ad
effetto che ti invogliano a continuare. Questa povertà stilistica ti
porta a vivere la storia con estremo distacco, senza paure, ansie,
brividi.
E io da un thriller cerco questo. Pressione che sale, battiti cardiaci
che accelerano, pupille che si dilatano.
Non una psicologa che dice ai suoi pazienti, con tono solenne,
"adesso tutti a nanna." Nemmeno fossero dei bambini o dei cerebrolesi.
Sono diverse le scelte che proprio non sono riuscita a digerire, come
il modo di apostrofare i pazienti non chiamandoli sempre per nome ma in
base alla loro nazionalità, il
tedesco, l'olandesina, la francese, o il blando tentativo
di omaggiare il capolavoro della Christie, Dieci Piccoli Indiani attraverso
la progressiva scomparsa dei pazienti. Insomma, per me è tutto un
grande "no".
Alla fine mi
sono domandata cosa avessi appena finito di leggere.
Un romanzo psicologico?
No, non c'è nessun tipo di approfondimento, i personaggi sono
strettamente funzionali alla trama, ma non coinvolgono e non emozionano.
Un thriller?
Manca la suspense, quindi no.
Un giallo? Mhhh...
nemmeno, non ci sono indizi e manca la ricostruzione logica finale. C'è
solo uno spiegone parecchio tirato per i capelli.
Poi ragazzi io sono sempre pronta a cospargermi il capo di cenere e a
dire che quella che non ci capisce un'acca di thriller sono io, ma
insomma, ne ho letti così tanti che sento di avere anche i mezzi per
giudicare un libro in modo abbastanza oggettivo, e oggettivamente, agli
amanti del genere, Addicted
molto probabilmente non piacerà. A tutti gli altri forse sì.