A cura di Silvia (08/2014)
Voto:
Come poteva per lui essere
l'Inferno, ciò che per lei era il Paradiso?
Ammetto
di aver iniziato il romanzo di Mirya grazie ai commenti sul web e ai
consigli delle amiche, grazie a quel miracolo anche detto
passaparola, perché titolo e cover non mi attiravano per
niente. Lo so, sono motivi stupidi per non leggere un libro, motivi del
tutto superficiali e bla bla bla... Lo so. Ma tant'è, e ormai non perdo
nemmeno più tempo a giustificarmi.
Il titolo poi mi ricordava
una tesina che feci ai tempi della scuola e che avevo intitolato "Dalla
Carta alla Carne". Questo fattore forse avrebbe dovuto
stimolare la mia
curiosità, invece no, effetto
contrario
anche in questo caso. Non so perché... e ci ho
pure
ragionato sopra, ma non sono venuta a capo di niente. Di certo non mi
aspettavo di trovarci delle similitudini, non avevo mica scritto un
romanzo! Io parlavo dei
personaggi dei romanzi che avevano trovato un volto nel cinema, Mirya
invece ci parla di Chiara, una ventisettenne convinta di non poter
provare sulla propria pelle la passione struggente e incendiaria che
sente attraverso i testi letterari.
Insomma, razionalmente non so
perché imboccassi tante strade tranne quella di Di Carne e di Carta,
ma sotto sotto sapevo che a quello STOP avrei dovuto fermarmi prima
o poi. E l'ho fatto.
Cambierei ancora titolo e copertina, ma il contenuto, che poi è quello
che realmente conta, mi ha gradualmente conquistata.
Mi sono divertita con le citazioni dantesche, coi riferimenti a
Novecento e
Orgoglio e Pregiudizio,
a canticchiare le canzoni degli ABBA e a recitare Leopardi. A
volte avrei bacchettato
Mirya per aver ostentato un po' troppo il suo amore per la carta, ma
tra un rimprovero virtuale e l'altro mi sono sciolta.
Sfogliata l'ultima pagina ero talmente liquefatta che avrei potuto dare
al romanzo mezzo voto in più, e l'avrei fatto volentieri in
nome di un capitolo
che racchiude la perfetta essenza dell'anti romance e di
cui avevo sinceramente bisogno: mentre Leonardo offre a Chiara il suo
pegno d'amore
ero in standing ovation. L'unico problema è che a diciotto anni volevo
fare la professoressa e deve essermi rimasta incollata adosso una
qualche vena
di stronzaggine, quindi quattro stelle, ma giuro,
meritatissime (immaginatevi
quattro stelle belle panciute e super
brillanti).
Al contrario se avessi dovuto dare un voto dopo le prime ottanta pagine
sarei stata seriamente in difficoltà. All'inizio mi sembrava tutto
troppo
esagerato. Leonardo che tratta Chiara come la più totale delle nullità
e con parole esasperanti al limite dell'umana comprensione (mai
rapporto di odio/amore è iniziato con intenzioni peggiori e
apparentemente immotivate). Alessandra,
la migliore amica della situazione, che colora ogni battuta con
continue
allusioni sessuali (il solito cliché). Chiara che educa i
suoi studenti con fermezza e passione, ma allo stesso tempo si diverte
a sfotterli dosando bastone e carota (la perfetta prof. moderna che si
lascia però andare a qualche scambio di battuta un po' troppo
confidenziale, altro cliché).
Qualcosa graffiava le mie corde. Qualcosa non mi convinceva.
Tutto questo succedeva all'inizio.
Tutto questo succedeva quando il colpo di fulmine non mi aveva ancora
colpito.
Il "problema"
è che Mirya sa scrivere porca miseria, e io davanti a una bella penna
non capisco più niente ed entro in modalità "fai di me ciò che vuoi"! Infatti se
all'inizio venivo respinta dalla storia per colpa di parole e passaggi
un
po' troppo altisonanti, a un certo punto mi ci sono trovata
dentro, quasi senza rendermene conto. Mirya era riuscita a incastrarmi,
mi aveva resa succube della sua prosa e nonostante qualche forzatura
stilistica mi ha fatto amare Di
Carne
e di Carta, tanto da perdonargli alcuni difetti.
Mi è piaciuta (in modo crescente) Chiara, una ventisettenne idealista
con la rara
capacità
di
saper ancora sognare e sperare, nonostante tutti i "se" del suo passato
e i "forse" del futuro. Una donna - come la definisce Leonardo -
capace di ubriacarsi di letteratura colta di giorno e romanzetti rosa
di notte, troppo amante della parola scritta e poco della vita vera.
Mi è piaciuto (a intervalli irregolari) Leonardo, anche detto lo stercorario (x), bello
da infarto, ma parecchio fetente, colto, intelligente, brillante,
sfrontato, l'uomo perfetto per una botta e via, l'uomo che ogni madre
non vorrebbe per la propria figlia.
E ovviamente ho amato il
loro rapporto di incognite e non sensi, di
poco e di tutto, di liti e silenzi, di cerchi che non quadrano e
problemi privi di logica.
Si ritrovano a
lavorare insieme alla tesi per il Dottorato che Chiara deve presentare
nel giro di pochi mesi e Leonardo, invece di seguirla in modo
professionale, non perde occasione per annientarla in tutti i modi
possibili vomitandole addosso tutta la me**a precedentemente ingerita.
Ma se lui sembra il classico bastardo della situazione, lei
non è di certo una di quelle protagoniste che si rifugiano in un angolo
a piangere e ad asciugarsi le ciglia con un kleenex. Chiara gli renderà
la vita molto difficile, se
non impossibile. E da due fuochi che bruciano tanto vicini, non potrà
che scaturire un incendio.
La lussuria non era il peccato
più leggero, o più perdonabile. Era solo il più facile in cui cadere.
La seconda parte del romanzo, anzi gli ultimi due terzi, li ho
davvero adorati, nonostante non sia riuscita a trovare una valida
giustificazione nella reticenza di Leonardo. Non perché non ci sia o
non venga chiarita dall'autrice,
solo che mi è sembrata campata in aria, poi per carità, mica tutti gli
stronzi complessati hanno dei validi perché alle spalle
dei loro comportamenti.
Ma
anche questa volta è stata la penna di Mirya a fregarmi.
L'autrice ha saputo giocare coi personaggi, ha ribaltato più
volte i loro ruoli e ha reso il tutto molto (moooolto)
stuzzicante. Il rapporto tra
Chiara e
Leonardo segue lo stesso schema, alterna momenti di demolizione ad
altri di costruzione e solo insieme, solo dopo mesi di insulti,
frecciatine, risate, sesso sfrenato, citazioni letterarie e nottate
all'ospedale scopriranno chi sono davvero.
Praticamente se le prime
pagine le avevo trovate piene di cliché portati all'esasperazione tutte
le
altre mi hanno confermato l'esatto contrario.
E
poi si arriva al finale. A quel bellissimo, meraviglioso, sardonico
finale che
mi ha portato ad aggiungermi senza riserve alla già
lunghissima
lista di lettrici che ha
apprezzato di Carne e
di Carta,
un romance che a mio avviso necessiterebbe di
qualche piccolo accorgimento, ma per essere un'autopubblicazione il
lavoro di
Mirya è stato davvero eccellente. E poi il suo sarà anche un romanzo
d'amore, ma non fa parte di quelle letture frivole e leggere che poi
finiscono nel dimenticatoio. Di
Carne e di Carta
è denso, corposo,
forbito ed è lo specchio di moltissime donne. Chi
non si è
mai
persa nei
sogni romantici di un libro o di un film? Chi non ha mai sentito
battere il cuore per un personaggio letterario? Be' la realtà sarà
anche diversa, ma Chiara e Leonardo ci ricordano che alla vita
e a tutte le sue opportunità, non
bisogna mai resistere.
"Come
fai a sperare? Come fai, Cristo, come fai?"
"Mi chiedi come faccio? Io mi chiedo come tu non faccia."
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