A cura di Silvia (06/2017)
Voto:
Dopo
aver finito Il Mistero
del London Eye (recensione)
la mente mi diceva di cambiare genere, di leggere altro, come di solito
mi impongo di fare, ma mi è stato impossibile, il cuore gridava "Siobhan Dowd" e
così, alla faccia delle regole che in fondo sono fatte per essere
infrante, ho iniziato Le
Rose di Shell, un
romanzo che non solo ha confermato le doti di questa stupenda autrice,
ma che me l'ha fatta amare sotto ogni punto di vista per la sua immensa
versatilità.
Se con Il Mistero del
London Eye aveva saputo trattare con grandissima ironia
una malattia delicata come la sindrome di Asperger mettendo gli accenti
sui punti di forza piuttosto che su quelli deboli, con Le Rose di Shell ci
trasporta nell'Irlanda degli anni Ottanta, tra superstizioni, ipocrisie
e magia.
Nella mente di Shell, Gesù era sceso dalla croce e se n’era andato al bar più vicino. La faccia della mamma di Shell si era accartocciata, come quella di un bambino che sta per scoppiare a piangere. Poi era morta. Gesù si era scolato il suo bicchiere di birra ed era uscito definitivamente dalla vita di Shell. |
Michelle Talent, detta Shell, ha smesso di credere in Dio nel
preciso istante in cui sua madre è morta. Lei, a soli quindici anni, si
ritrova a vivere con un padre che, al contrario, alla Chiesa, si
avvicina in un modo davvero insolito; la domenica indossa i panni del
profeta, sale sul pulpito, e legge con fin troppo ardore le sacre
scritture; negli altri giorni abbraccia onorevoli cause benefiche
raccogliendo cospicue offerte tra i fedeli e trattenendosene una
generosa parte. Shell lo
odia. Odia il suo odore, un misto di wisky e sudore, odia
quando la costringe, insieme ai fratelli, a recitare le decine del
rosario, odia quando la mattina li manda a raccogliere i sassi nel
campo dietro casa, per chissà quale motivo. Shell odia così tanto non essere
amata che trova rifugio tra le braccia di Declan, un
chierichetto votato alla fede solo per il vino che si scola in
sagrestia. Si incontrano il giovedì, si sdraiano nudi nei campi dei
Duggan e non si promettono un bel niente.
La vita di Shell si snocciola così. Tra la scuola, la spesa, i doveri
di casa, i fratelli che solo lei protegge come meglio può. In un paese
retrogrado e bigotto, in cui ognuno coltiva il suo piccolo orto senza
smettere di sbirciare in quello altrui, l'arrivo di Padre Rose,
giovane, gentile e pieno di buoni propositi, è sinonimo di luce e
speranza nel cuore di una ragazzina che nonostante i pochi sogni e la
tanta rassegnazione, ha mantenuto un'anima sensibile che pulsa di vita
e possibilità. Un'anima in grado di metterla in contatto con il mondo
degli spettri, un limbo in cui si rifugia per ritrovare quella madre
che tanto la amava, l'unica capace di strapparla a un'esistenza di
lacrime e solitudine.
È attraverso un lirismo
poetico e avvolgente che la Dowd ci pone davanti alla
tragica bellezza della vita e al fanatismo umano e religioso. Tutto
quello che potrebbe, anzi dovrebbe
coesistere - amore, fede, solidarietà, rispetto - qui è fatto di
contraddizioni inconciliabili.
Non ci sono sconti. Non ne fa la vita, ma non ne fa soprattutto la
gente.
Il punto cruciale del libro sarà la gravidanza di Shell che sfocerà in
un giallo il cui epilogo sembra già scritto: colpevole. Ma di
cosa? Di aver amato? Di aver vissuto? Di averci quantomeno provato?
Le Rose di Shell
nasce da due fatti di cronaca che l'autrice, quando tutti erano
pronti a denunciare e a puntare il dito, ha voluto invece riscattare,
perché spesso dove c'è
il veleno c'è anche la cura, dove c'è il silenzio si nasconde la verità.
Un esordio toccante e sincero, una sintesi cruda e delicata sulla
pochezza di alcuni uomini e il potere immenso delle scelte di altri.