A cura di Silvia (10/2916)
Voto:
Più grande è la bugia, più persone ci cascano.
Mi sento un po' in colpa a dare meno di tre stelline a questo romanzo,
ma giuro, non riesco ad andare oltre. A volte mi chiedo se troppe
letture "forti" non mi abbiano anestetizzato fino a rendermi del tutto
insensibile, ma non credo. Sono
solo una lettrice pretenziosa incapace di accontentarsi, una lettrice
che di libri sulla Guerra ne ha letti tanti e di decisamente migliori.
Mi ha fregato l'incipit "col
botto", originale, ben fatto, di quelli che hanno il
potere di calarti immediatamente tra le pagine del romanzo.
Siamo a Chicago e Ben Solomon, un anziano immigrato polacco, accusa
pubblicamente Elliot Rosenweig, il Grande Benefattore della città, di
essere Otto Piatek, uno spietato nazista che si è macchiato dei crimini
peggiori.
Nessuno gli crede, ma l'avvocato Catherine Lockhar, nonostante
un'iniziale reticenza, decide di ascoltare il racconto di quest'uomo
che vuole solo portare alla luce l'ennesimo squarcio della storia
dell'umanità. Ben pretende giustizia, la esige, è lunica cosa che gli
resta, perché quello che ha perso nessuno potrà mai ridarglielo.
Il romanzo è prevalentemente composto dai flashback del
protagonista che si alternano a un presente in cui succede poco o
niente. L'autore spinge i soliti tasti, quelli giusti, quelli che
devono far leva sul sistema emozionale del lettore, e in parte ci
riesce, ma alla fine non è il dolore ad avere la meglio, bensì la
curiosità.
Fondamentalmente solo una domanda ti porta all'ultima pagina: "Rosenweig verrà smascherato?".
E la risposta è praticamente ovvia, le intenzioni dell'autore non hanno
misteri, lui vuole creare
una fitta ragnatela in cui imprigionare Storia, suspense e riscatto, ma
l'ordito segue uno schema davvero troppo prevedibile. Se
l'alternarsi tra presente e passato dà movimento alla
storia, il racconto del
protagonista è del tutto impersonale, quasi
freddo. La stessa
Catherine a volte porge domande inutili, attue solo a dare
ulteriori informazioni e nuove nozioni "cos'è la legge per la
protezione del sangue e dell'onore tedesco?", "Cosa significa Schutzstaffel?". Ben Solomon
cerca vendetta eppure, mentre parla, sembra che stia stilando un
trattato. Ha una risposta a ogni singola domanda,
una risposta corredata da dettagli fin troppo specifici che tolgono
introspezione al romanzo. Insomma, io ne ho conosciute di persone che
la Guerra l'hanno vissuta, ma quello che mi hanno trasmesso non sono
nomi, date e luoghi, ma immagini indelebili: un paio di occhiali che si
appannano, una
lacrima che resta incastrata tra i solchi di un viso segnato più dal
dolore che dal tempo, un maglione che all'altezza del petto si alza un
po' troppo velocemente.
Questo volevo. Non una
storia da leggere, ma una storia da vedere. Speravo di sentire, non di
apprendere.
D'altronde seguire questi due ragazzi, uno polacco l'altro tedesco, che
sono più
che amici, quasi fratelli, è anche bello, vedere come la loro unione
cambierà radicalmente nel momento in cui il nazismo inizierà a mettere
radici è interessante, ma
tutta la parte ambientata
nel presente è posticcia, banale, con
personaggi di contorto banalissimi, privi di spessore.
Non so, forse sono stata troppo critica, Volevo Solo Averti Accanto
ha
una media di voti altissima, ma per me è intrattenimento spiccio. E' un
libro che "poteva essere",
ma "non è".
Potrei consigliarlo giusto a chi non ha mai letto un romanzo di questo
genere, tutti gli altri lo
bypassino senza rimpianti.