A cura di Alice (09/2013)
Voto:
Una fortuita sosta in drogheria, un'accecante infatuazione, un
improvviso accesso di follia: tanto basta a Jocelyn Luke, studente
modello e giovanotto di belle speranze, per gettare all'aria una
promettente carriera a Cambridge, e tutta una vita di sacrifici, e
trovarsi irrimediabilmente catapultato in una realtà che non gli
appartiene, senza più futuro davanti, ma in compenso, con accanto una
giovane moglie tanto bella quanto fuori dal mondo.
La moglie in questione, Salvatia Pinner, detta Sally, è una delle più
incredibili meraviglie della natura: talmente attraente ed aggraziata
da essere, suo malgrado, un'autentica calamita per gli sguardi e le
fantasie (non troppo innocenti) di orde di baldi giovani, e meno
giovani, che al pari del malcapitato Jocelyn, non possono fare a meno
di ammirarla ed innamorarsene a prima vista.
Non è facile, dunque, per un ragazzo di buona famiglia, estremamente
riservato ed orgoglioso della propria rispettabilità, trovarsi tutt'a
un tratto costantemente al centro dell'attenzione, sempre in fuga dalle
occhiate scrutatrici di vicini e passanti, e perfino costretto, di
tanto in tanto, a nascondere la bella conosorte, quasi fosse una
criminale, per godere di un po'di pace. Come se non bastasse,
l'incantevole Sally, diversamente dal suo sposo, appartiene a una
famiglia semplice e modesta, è totalmente digiuna di cultura e
buonsenso, ed ha l'imbarazzante abitudine di parlare in modo
incredibilmente sgrammaticato, tempestando la sua sgangherata
conversazione, di clamorosi e ripetuti strafalcioni.
E così, quando il brillante Jocelyn, dopo una travagliata e surreale
luna di miele, si sveglia dal suo incanto, lo sgomento ha il
sopravvento, ed ormai impossibilitato a sottrarsi ad una trappola a cui
si è condannato da sè, il giovane si precipita dalla premurosa madre,
nella speranza che costei, maestra di eleganza e buone maniere, riesca
nell'ardua ed improbabile impresa di trasformare la neo Mrs Luke, tanto
perfetta fuori quanto carente dentro, in un'irreprensibile e compita
lady della buona società.
Ci sono scrittori che, malgrado lo stile sciatto e lessicalmente
povero, la banalità delle idee, e l'evidente incapacità di raccontare
una storia, per qualche strana ragione (di solito il nome famoso o
un'immeritata pubblicità), diventano inspiegabilmente celebri, elogiati
dalla critica e venerati dal pubblico; ve ne sono altri, che nonostante
il talento, la sorprendente arguzia, e l'innegabile raffinatezza, per
un capriccio del destino (o dell'editoria) vengono incomprensibilmente
dimenticati, e riscoperti solo dopo decenni, grazie all'intuizione di
qualche lungimirante casa editrice. È il caso di Elizabeth von Arnim,
prolifica scrittrice d'inizio Novecento, e donna di grande intelletto,
ingiustamente sottovalutata rispetto a molti suoi contemporanei, e ad
oggi, ancora semi-sconosciuta nel nostro Paese.
Introduction to Sally,
questo il titolo originale del romanzo, è una deliziosa commedia
brillante, intelligente e spiritosa, che a dispetto dell'età anagrafica
(fu pubblicato nel 1926), per la sua modernità, lo stile e la
freschezza, non ha davvero niente da invidiare (anzi, avrebbe molto da insegnare)
all'umorismo dei giorni nostri.
La von Arnim, con eleganza e vivacità, rielabora uno dei più celebri
canoni letterari, quello della donna bella e stupida, e tenendosi a
debita distanza dai luoghi comuni, dà vita, in modo davvero efficace,
ad un personaggio femminile tanto imperfetto quanto adorabile.
Sally, la protagonista della storia, a dispetto delle premesse, è
quanto di più lontano si possa immaginare dal cliché della bella
ragazza oca: in lei non vi è ombra di malizia nè di civetteria; ella è
un concentrato di semplicità, ingenuità e, diciamolo pure, scarso
acume, e la sua surreale goffaggine, mista al disarmante candore, fanno
di lei un personaggio nel contempo buffo e tenerissimo.
Ben lontana dal vantarsi della propria fisicità, che fin dall' infanzia
è stata per lei motivo di cruccio, Sally reagisce ai complimenti con
amara costernazione: "Che
ce ne posso, io?", risponde, con la tipica parlata, ogni
volta che qualcuno (e sono molti) osa ammirare la sua sorprendente
bellezza.
La von Arnim si rivela abilissima nel conferire spessore psicologico
perfino ad una protagonista che, in mano a un altro autore, sarebbe
stata nient'altro che una caricatura. Benché Sally abbia poche idee, e
molto confuse, l'autrice, senza alcuna difficoltà, ci consente di
addentrarci nella sua mente, di comprenderne i timori, e di calarci
interamente nei suoi panni. Sally guarda il mondo con gli
occhi di una bambina, ne prova stupore, sconcerto, s'interroga, ma
molto spesso non trova risposta. Non capisce perché le maldicenze della
gente siano da considerarsi rilevanti, se una persona ha la coscienza
apposto; non capisce perché un marito che ha promesso a Dio di
prendersi cura della moglie, debba affidare quest'ultima alla suocera;
non capisce perché la pronuncia dell'H debba essere fondamentale per
diventare una brava madre. Non
capisce, insomma, il perché delle vuote convenzioni e dei falsi
problemi da cui la gente si lascia opprimere, dimenticando che per far
funzionare ogni cosa, basterebbe un po' più d'amore per le cose
semplici, e il sincero desiderio di comprendersi e venirsi
incontro.
Man mano che impariamo a conoscere Sally, ci accorgiamo di come la sua
presunta stupidità sia in realtà solo semplicità e innocenza, e di come
nel suo animo affettuoso sarebbe possibile scorgere anche ottime
qualità, se solo qualcuno si prendesse il disturbo di provare a
capirla. Non è un caso che, tra tutti coloro che incontra, Sally, con
orrore del borghese Jocelyn, si trovi subito a proprio agio solo con un
giovane meccanico che, diversamente dal saccente marito, "la faceva sentire intelligente,
brillante".
Nel corso del racconto, inaspettatamente, assistiamo anche
all'evoluzione della personalità di Sally, ottimamente delineata
dall'autrice: all'inizio Sally non è che una bambola nelle mani degli
altri, in soggezione di fronte al "signor marito", terrorizzata
all'idea di sbagliare, priva di volontà propria, e perennemente apatica
("A me mi fa lo stesso."
è la ricorrente risposta ad ogni quesito che le viene rivolto); pian
piano, però, Sally acquista (a modo suo) spirito critico, mostra di
possedere opinioni proprie, ed impara, seppur nei suoi limiti, a far
valere le proprie idee e ad affermare la propria (originale)
individualità.
Non vi sono personaggi stereotipati, in questo romanzo, ma solo esseri
umani, con le loro peculiarità (magari un po' bizzarre) e le loro
debolezze.
Particolarmente riuscito è il ritratto psicologico di Jocelyn: immaturo, impulsivo, irascibile,
febbrilmente diviso tra l'ostinata consapevolezza diurna dei limiti
della moglie, e l'irresistibile fascinazione notturna a cui non può
evitare di abbandonarsi ogni volta. Attraverso la sua
figura, la Von Arnim, col consueto brio e una buona dose di spirito,
pone l'accento su tematiche sempre rilevanti e attuali: la schiavitù
dei sensi opposta all'uso della ragione, la responsabilità della donna
di fronte alle attenzioni maschili che ella suscita, l'incapacità
dell'uomo di affrancarsi dalla dipendenza materna... Tutte questioni su
cui, anche nella realtà odierna, non si smette mai di
dibattere.
Neppure la rispettabile società inglese è immune dalla penna ironica
della scrittrice, che con garbo, ma non per questo in modo meno
pungente, traccia un significativo quadro dei pregi e dei difetti delle
classi alte, soffermandosi, con occhio sempre critico, ma senza perdere
la sua disinvolta leggerezza, sui vizi, le contraddizioni e le
ipocrisie di una società, dove, malgrado tutto, a dominare è sempre il
potere del vile denaro.
La storia, che in alcune dinamiche ha molto della fiaba (e, sia chiaro, ciò non è da
intendersi affatto come un limite), scorre veloce e
piacevolissima, sostenuta da una scrittura vivace e densa di humour,
perfettamente equilibrata tra momenti di introspezione e spassosi colpi
di scena; solo nella parte finale, l'intreccio perde un po' della sua
originalità, risultando sempre gradevole, ma forse meno brillante che
nei capitoli precedenti.
La relativa debolezza dell'epilogo, in verità una costante nella
produzione di Elizabeth von Arnim, è in tutta probabilità il solo
difetto che si possa riscontrare nella prosa di questa brava autrice,
che con stile e genuinità, riesce a intrattenere il lettore,
offrendogli, nel contempo, numerosi spunti di riflessione... A riprova
del fatto che leggerezza può far rima con ottima letteratura, e che
quando ci sono l'eleganza e l'intelligenza, si può essere spiritosi e
divertenti (e questo romanzo, divertente lo è per davvero!) senza alcun
bisogno di doppi sensi e turpiloquio.
Una lezione che comici ed
intellettuali dei giorni nostri avrebbero davvero un gran bisogno
d'imparare!
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