A cura di Silvia
(04/2015)
Voto:
Amo quest'uomo. Più volte ho detto che vorrei Donato Carrisi a casa mia
per raccontarmi le favole della buonanotte, be', adesso vorrei anche
Pierpaolo Vettori. Raccontano storie differenti, ma entrambi hanno il
dono di aprirti gli occhi a un mondo di cui ignoravi l'esistenza.
Da La Vita Inverta
delle Ombre mi aspettavo un romanzo diverso, ma
semplicemente perché non leggo mai le trame quando c'è qualcosa di più
importante che mi spinge verso un titoli, in questo caso l'autore. Dopo
Le
Sorelle Soffici mi è bastato vedere Pierpaolo Vettori sulla
copertina (tra l'altro bellissima) per disinteressarmi a tutto il
resto; volevo il libro solo per lui, perché sapevo che qualsiasi storia
avesse raccontato sarebbe stata una storia raccontata magnificamente.
E così è stato.
Le poche pagine iniziali dedicate ad Alessandro, un ragazzo che soffre
di attacchi di panico e vive in bilico tra il mondo reale e quello
immaginario, mi hanno subito portato alla mente la straordinaria
capacità che ha l'autore nel descrivere i disagi e le malattie. Grazie
a una penna evocativa e trascinante, i difetti e le mancanze dei
personaggi si trasformano in valori aggiunti che li
rendono essere unici, e anche la realtà più dura e avversa può sembrare
una favola straordinaria. Ed è una sorta di favola quella che Severina
racconta al nipote Alessandro. Una favola "analessica" che la vede
protagonista e che ripercorre il periodo estivo trascorso nel collegio
femminile del Sacré Cœr, sito a Malvento Riviera, vicino alla fortezza
di Boccafolle in cui studiavano dei giovani cadetti. Durante il
racconto, poco alla volta l'obiettivo si sposta su Miranda Montelimar,
una giovane orfana, una strana ragazza che ama definirsi una figlia di
Asclepio e che sembra facente parte di un mondo a sé stante, un mondo
pagano e ultraterreno fatto di rituali segreti e danze propiziatorie al
chiaro di luna. Si dice che le notti in cui Miranda non può uscire dal
collegio sia la sua ombra a vagare libera e indisturbata, mentre il suo
corpo riposa sereno sotto le coperte senza destare sospetti.
È lei il fulcro della storia, la forza trascinante che governa il
romanzo, la voce che nessuno si stanca di ascoltare; sono sue le labbra
da cui tutti pendono e sue le braccia in cui tutti si rifugiano.
In una calda estate del 1962
si compie la maledizione dell'adolescenza. È il tempo
dell'inadeguatezza, della vergogna celata dietro a un apparecchio per i
denti, ed è il momento in cui si tende una mano all'età adulta mentre
con l'altra si resta aggrappati all'innocenza.
Miranda, Severina, Fabrizio, Zomer e Stern non hanno una guida; le
insegnanti del collegio, gli istruttori della fortezza e gli stessi
genitori sono figure fluttuanti e inconsistenti, portatrici silenziose
di frustrazioni, ingiustizie e disinteresse. Quelli di Vettori sono
ragazzi soli, abbandonati a loro stessi, vittime delle passioni e delle
speranze che li avvelenano.
La Vita Incerta delle
Ombre non è un libro facile, dietro alla favola si
nasconde un mondo non visibile a tutti capace di celare quegli incubi e
quelle ossessioni a cui a volte non si può fare a meno di soccombere; le ombre spesso si dissolvono, ma
capita anche che ti imprigionino.
Attraverso un uso frequente di simboli e figure allegoriche questo
romanzo si trasforma in un quadro in costante movimento, e allo stesso
tempo in un affresco che ha saputo immortalare i mostri e le fate della
"bella stagione". Insomma
La Vita Incerta delle Ombre è una promessa mantenuta.