A cura di Silvia
(09/2017)
Voto:
Marino è il migliore. E non perché glielo dicano, ma perché lo sa.
Spietato imprenditore, marito traditore, amico fasullo. Di buono ha ben
poco, ma il suo ego e la sua stima gli dicono tutt'altro. Ama mettersi
alla prova tanto quanto ama mettere gli altri in difficoltà, è sempre
sul pezzo, ma pure ai migliori capita di distrarsi. Durante un viaggio
in Cina incontra Na, e per la prima volta non sa tenere a bada lo
sbalzo sismico che gli sconquassa le viscere. La vuole. In tutti i modi
possibili, razionali e non. Questa giovane donna intrappolata nel corpo
di una bambina gli manda in frantumi ogni convinzione, e ne aveva tante
Marino, tutte ben salde, tutte collaudate, le migliori ovviamente.
Marino vuole Na perché lei scappa, perché non è come tutte le altre
donne che gli si offrono senza ritegno; Na risveglia in lui l'istinto
della caccia, la smania predatoria, l'uomo che sua moglie ha seppellito
con gli anni e la noia.
La strappa così dalla sua Terra, gliene offre un'altra, e solo
sfogliata l'ultima pagina si capirà di come quel viaggio ad Hangzohu
abbia rappresentato un giro di boa non soltanto per loro due.
Quattro capitoli, quattro voci che attraverso diversi punti di vista
portano a galla gli eventi nella loro più tragica e dura verità.
Scopriremo che Felicita non è esattamente una donna risucchiata
dall'ingombrante personalità del marito, che Sergio non era un amico
poi così succube e che dietro alla giovane vestita solo di lunghi
capelli neri, dietro a quella bellezza terribile e al contempo
magnifica, si nasconde una donna cresciuta in cattività che vuole
vendicarsi del tempo che le è stato strappato.
Pochi i dialoghi, tante le immagini immortalate dalle parole dure e
incisive di Patrizia Rinaldi. Ed è grazie al suo linguaggio forte,
visivo e a una psicologia che sviscera i personaggi in ogni angolo e in
ogni crepa, che ho amato questo libro dalla prima riga.
Ci sono storie che ti scavano dentro poco alla volta, altre che ti
bucano immediatamente e La Figlia Maschio fa parte di questa seconda
categoria. Bello in modo
crudele. Le parole non lasciano scampo, feriscono in modo
quasi sadico, e nonostante tutto, nonostante il dramma indicibile che
si cela nel titolo, questo
romanzo ha la forza di una poesia; è come un canto che
andrebbe tramandato, una preghiera da recitare, una condanna da
incidere nella pietra.
Patrizia Rinaldi mi ha stregata, non c'è dubbio. Una ricerca stilistica
mai banale e un linguaggio capace di andare dritto al punto senza
fronzoli o inutili giri di parole hanno reso un romanzo già forte di
per sé, un'esplosione di contrasti. Non c'è mai un solo lato della
medaglia. Non c'è mai una sola strada da percorrere.
Bello davvero.