A cura di Silvia
(05/2015)
Voto:
L'uomo è una fune tesa tra il
bruto e il superuomo, |
Faber è un ragazzo bello, intelligente, capace di stare sempre un passo avanti agli altri, un misto di paura e fascinazione che lo porta ad essere ammirato e imitato. Dotato di una forza distruttiva logorante, decide di rivolgere il male solo ed esclusivamente verso se stesso e così un giorno sparisce, lasciandosi alle spalle passato, presente e futuro.
Tristan Garcia, giovane giornalista, filosofo e scrittore, attraverso una narrazione capace di guidarti passo passo nella parte più complessa e oscura dell'animo umano, tratteggia la figura di un protagonista capace di trattenere sulla sua pelle tutto il bene e tutto il male del mondo. Racconta attraverso lunghi flashback l'amicizia nata sui banchi di scuola con Basile e Madeleine, e fotografa la Francia degli anni Novanta, quella di due generazioni dopo una guerra vinta e una rivoluzione fallita. La Francia che prometteva di forgiare individui e non uomini comuni. Faber è la risposta alle domande di molta gente: è l'uomo che in tanti volevano essere, ma a cui in pochi hanno cercato veramente di somigliare.
Inizia tutto con una richiesta d'aiuto, Faber ha trent'anni e
vive in completo isolamento; il corpo agile di un tempo è un lontano
ricordo, così come quel fascino disarmate che lo caratterizzava. Lui,
abituato a sollevare le folle era diventato quasi un misantropo.
Madeleine lo riporta a Mornay, la cittadina in cui sono cresciuti, dove
anche Basile lo aspetta, perché se una volta erano tutto l'uno per
l'altro forse potrebbero tornare a esserlo. In fondo, anche se è solo
l'ombra di se stesso, è pur sempre quell'angelo caduto che ha
rischiarato le loro vite per poi gettarle nell'oblio dopo la sua
scomparsa. Madeleine è sposata, ha una figlia, ma è una donna
insoddisfatta, così come Basile che di mestiere fa il professore nella
stessa scuola che hanno frequentato da piccoli, ma senza passione e
trasporto.
Chissà dove sono finiti tutti i lori sogni... Chissà se si potranno mai
riafferrare. Ma forse la realtà è differente, e si rivelerà essere il
tragico prodotto di quanto seminato...
Sono svariati i piani di lettura
del romanzo di Garcia (politici, sociali, razziali, religiosi e
metafisici), ma ruotano tutti intorno alla figura di un protagonista
che, filosoficamente parlando, potrebbe rappresentare il superuomo di
Nietzsche.
Faber supera i normali limiti concessi all'uomo, si sottrae
alle regole comuni, afferma la sua identità in una società che lo
prende come esempio: [cit.]
Faber non esigeva niente,
ma otteneva
tutto.
Il filosofo tedesco dice altro però "ciò ch'è grande nell'uomo è
l'essere un ponte e non una meta: ciò che si può amare nell'uomo è
l'essere una transizione e una distruzione." e il romanzo
si concentra
proprio su questo concetto: la distruzione. Faber ha il dono di ridurre
le persone a oggetti, asseconda quando poi è lui a decidere e ogni suo
gesto è in grado di racchiudere la giusta dose di punizione e salvezza.
Il romanzo, scritto con una prosa fantastica, è una lenta
discesa agli inferi con tanto di catarsi finale da parte dell'autore
stesso. Inizialmente sembra la storia di un uomo che poteva avere tutto
e che ha invece deciso di inseguire la propria rovina, ma Faber era, è,
e sarà,
un trascinatore: lui non potrà mai cadere senza far precipitare tutti
quelli che gli stanno intorno. Ha il carisma del diavolo, la forza di
mille uomini, l'effetto di una droga. E com'è ovvio che sia, è
destinato a diventare uno dei protagonisti più discussi e controversi
della narrativa
classica contemporanea.
Non è possibile avere una metà del mondo senza perdere l'altra. |