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Mater Terribilis di Valerio Evangelisti
Mondadori, 2003
A cura di Anna Maria Pelella
C'è qualcosa che collega un'indagine dell'Inquisizione svoltasi
nel 1362 nella Francia sotto il dominio inglese, l'avventura di Giovanna
D'Arco nel 1429 e quello che accade nel 2068 ovunque nel mondo? Il legame
è sottile e per comprenderlo occorre lasciarsi guidare da Evangelisti
mano a mano, fidandosi di lui anche quando la faccenda si complica ed
i riferimenti letterari si fanno ostici. Tra Erich Neumann e Marie-Louise
Von Franz un legame c'è senz'altro ed è Jung, più precisamente il concetto
di Grande Madre, l'archetipo onnicomprensivo dell'intera natura
del femminile. Ma come questo può collegarsi a Michael A. Persinger Evangelisti
ce lo suggerisce a poco a poco, ed è un legame inquietante.
Il nuovo capitolo delle avventure dell'inquisitore Eymerich, ancora una
volta sulle tracce di un tomo misterioso, l'Aurora consurgens ,
si dipana su tre piani paralleli. I primi due nel passato, e il terzo
in un futuro niente affatto rassicurante, una sorta di incubo in cui la
globalizzazione è rappresentata da un potente macchinario in grado di
manipolare gli incubi dell'intero pianeta, come a dire che il male trova
sempre un modo di estendersi…ma un virus di natura sconosciuta il cui
nick name è Kaiser Soze, si proprio lui, sta agendo all'interno del Vortex.
Intanto l'inquisitore Eymerich indaga sulla morte di alcuni inquisitori
nel 1362, dapprima sembra una normale indagine ma, come Evangelisti ci
ha abituato ad aspettarci, in realtà non c'è niente di normale nel monastero
di Les Junies e nei suoi tanto labirintici, quanto uroborici sotterranei.
Parallelamente seguiamo l'ascesa e la caduta di Giovanna D'Arco, e parte
della storia del suo inquietante compagno d'armi Gilles de Rais. E questa
a mio avviso è la storia più avvincente, la visione originalissima che
Evangelisti dà del rapporto tra i due ed il finale a sorpresa un po' in
stile From Hell, lasciano il lettore incuriosito e leggermente disorientato.
La Grande Madre è l'origine, la causa prima ed il riferimento delle tre
storie. Storie che lungi dal finire con l'esaurirsi del romanzo, lasciano
il lettore col gusto di leggere la storia passata in una chiave di lettura
inconsueta. Evangelisti tenta un ardito accostamento tra il concetto di
archetipo e la natura del male che negli anni ha afflitto il genere umano.
La lettura che egli dà del concetto di Madre Divorante è quanto
mai inquietante, il rischio che ogni essere umano corre in ogni momento
della sua crescita è reso con maestria, anche se si avverte il desiderio
dell'autore, che Neumann definirebbe eroico in senso analitico, di sconfiggere
l'indifferenziato a favore di una coesistenza degli stessi opposti di
cui siamo vittima quando decidiamo di non vedere…
Tutto sommato direi che questo romanzo, sebbene risenta di una certa disparità
di coinvolgimento, forse anche da parte dell'autore, rappresenta un'evoluzione
in senso decisamente più introspettivo del personaggio di Eymerich. Dal
momento che la caratterizzazione è sempre stata la parte più avvincente
dei romanzi di Evangelisti, anche qui il lettore rimarrà affascinato non
tanto da quello che i personaggi fanno ma dal modo in cui essi pensano,
dal travaglio interiore di ciascuno e dalla maestria con la quale Evangelisti
li rende in primo luogo umani.
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