A cura di Alice (09/2013)
Voto:
Una distesa d'erba trapuntata di fiori selvatici, un sentiero ombroso che conduce ad una vecchia casa e, sulla porta, in attesa, una fanciulla alta, vestita di blu, immersa nella luce rosseggiante del tramonto...
Sono queste le prime immagini che tornano alla mente quando si pensa a Cousin Phillis, romanzo tanto breve quanto intenso e ricco di significati; una di quelle storie di per sè semplicissime e perfettamente realistiche, eppure, o forse proprio per questo, in grado di toccare il lettore e far riflettere.
Cousin Phillis
è la storia, narrata con toni delicati, di una ragazza, della fine
della sua fanciullezza, dei primi turbamenti del cuore e dell'incontro,
inatteso e bruciante, con la difficile realtà dell'età adulta.
Pubblicato a puntate nel 1864, Cousin
Phillis è considerato dalla critica uno dei più riusciti e
raffinati lavori di Elizabeth Gaskell; un
romanzo pacato, dall'incedere lento, in perfetta armonia coi ritmi
della vita di campagna, costantemente pervaso da un senso di tenera
malinconia che accompagna il lettore per tutta la narrazione senza però
scivolare mai nel sentimentalismo o nella banalità.
Scenario
principale della vicenda è la Fattoria della Speranza, una tranquilla
dimora rurale nel Nord dell'Inghilterra, circondata da alberi da
frutto, vegetazione spontanea e fiori d'ogni sorta, dove la vita segue
il ritmo delle stagioni e del raccolto, e le giornate trascorrono
serene, scandite dall'incessante ticchettio del grande orologio sulla
scalinata di casa.
In questo idilliaco eremo della campagna
inglese, ancora distante dalla ferrovia che intanto avanza, si svolge
la placida vita della giovane Phillis, figlia unica del signor Holman
(infaticabile agricoltore e coscenzioso Ministro dissidente) e della
sua devota moglie. Adorata dai genitori, felice di aiutarli nel lavoro,
e dedita alla cura degli amatissimi animali, Phillis
è la principessa del suo piccolo regno: vive lieta, senza nubi che
offuschino la sua beatitudine, perfettamente appagata dall'amore dei
suoi cari e dalle proprie innocenti passioni. Proprio come
suo padre, infatti, Phillis, dotata di una mente brillante ed assetata
di cultura, coltiva un
profondo amore per la letteratura classica e per le lingue;
e così, tra un'occhiata ai pulcini e i mille lavoretti domestici, la
ragazza trova il tempo di rifugiarsi tra le pagine, per lei ancora poco
comprensibili, della Divina Commedia, nella speranza di imparare la
lingua italiana e di appropriarsi di quel sapere che l'affascina da
sempre. Sono proprio
questa cultura e questo amore per lo studio a mettere in soggezione Paul,
il giovane cugino di Phillis: un ragazzo alla prima esperienza
lavorativa, impegnato nella costruzione della ferrovia di Eltham,
attraverso la cui voce ci viene narrata la storia.
Come nella più
classica delle fiabe, però, il perfetto equilibrio della vita di
Phillis, è destinato a rompersi quando, sulla sua strada, compare
Edward Holdsworth, giovane ingegnere, amico, nonché capo, di Paul, che,
convalescente da una difficile malattia, viene invitato dagli Holman (a
cui Paul ha tanto parlato di lui) a passare qualche settimana alla
fattoria.
Holdsworth è quel che si
definisce un "uomo di mondo", avvenente, elegante, simpatico, e dai
modi franchi e signorili;
ha viaggiato molto e conosce bene le lingue straniere e la letteratura
classica... Inevitabile che gli Holman gli si affezionino
immediatamente, e che Phillis, appena diciottenne e dotata di una rara
sensibilità, veda in lui il tipico Principe Azzurro.
Da
parte sua, lo stesso Holdsworth, sinceramente attaccato alla famiglia
Holman, resta affascinato dalla dolcezza e dalle molte qualità della
fanciulla, scorgendo in lei, per primo, non più una bambina, ma una
giovane ed incantevole donna.
Nemmeno una parola viene scambiata sul sentimento appena sbocciato,
eppure, come dirà poi la saggia domestica Betty, ci sono sguardi e gesti che
significano molto più delle parole, e che, spesso, lasciano cicatrici
ben più profonde.
Holdsworth,
improvvisamente, riceve una vantaggiosa offerta di lavoro in Canada e,
senza pensarci due volte, fa i bagagli e si prepara a partire, ma poco
prima di lasciare l'Inghilterra, apre il suo cuore all'amico,
confessandogli l'intenzione di dichiararsi a Phillis, e chiederne la
mano, non appena tornerà in patria.
Phillis
intanto sperimenta, per la prima volta nella vita, la sofferenza; una
sofferenza che, timida e orgogliosa com'è, non può e non vuole
esprimere a nessuno, e di cui non si accorgono neppure gli
amorevoli genitori. Sarà Paul, incapace di vederla soffrire, a
rivelarle il segreto di cui è custode, aprendole così nuove e inattese
prospettive di felicità.
Ma Paul e Phillis, ancora troppo acerbi,
non sanno niente della leggerezza, della superficialità e della
volubilità del cuore umano, e quando i loro occhi saranno costretti ad
aprirsi e a guardare in faccia la realtà, il colpo sarà duro e
difficile da assorbire per entrambi.
Scevro da stereotipi ed impreziosito da una prosa sobria ed incisiva, il romanzo, stilisticamente ineccepibile, ci offre un bellissimo spaccato di vita rurale, mostrandoci, attraverso gli occhi del ragazzo di città, Paul, scene di vita quotidiana, consuetudini ed atteggiamenti di una famiglia che coltiva valori tradizionali, unita da un profondo affetto e da una totale fiducia reciproca; una famiglia che pian piano impariamo a conoscere e a comprendere, e alla quale, pagina dopo pagina, finiamo con l'affezionarci.
L'autrice cura meticolosamente ogni aspetto
della storia, dando il meglio di sè nelle splendide descrizioni del
paesaggio e delle stagioni che qui, come nella più classica tradizione
romantica, riflettono pienamente gli stati d'animo dei personaggi,
dando vita ad immagini poetiche e suggestive, alcune delle quali
scorrono nitide davanti agli occhi del lettore, proprio come in un film.
A dispetto della trama semplice e della brevità della narrazione,
la Gaskell, astenendosi dall'esprimere giudizi morali, delinea, con
innata sensibilità, psicologie e tumulti interiori di coloro che, ancor
prima che personaggi, sono persone umanissime e reali, con le loro
qualità e le loro fragilità.
La collaborazione tra la
Gaskell e Dickens, che influenzò ampiamente l'autrice, è evidente anche
in quest'opera, dove non mancano alcuni evidenti richiami ai personaggi
del grande scrittore; diversamente dai romanzi di Dickens, però, in Cousin Phillis non
c'è un vero cattivo: nessun personaggio incarna realmente il male o
causa consapevolmente sofferenza... Saranno
invece l'indifferenza, la superficialità e l'incostanza umana, proprio
come nella vita reale, a provocare i mali peggiori, a infliggere il
dolore più acuto, lasciando, dietro sè, segni indelebili.
In
appena 160 pagine, Elizabeth Gaskell affronta molti dei temi che più le
sono cari e che, non a caso, hanno avuto un ruolo centrale nella sua
stessa vita: la perdita di un figlio, il dolore per l'irrimediabile
lontananza di una persona cara, il contrasto tra le diverse correnti
religiose. Significativo, a tal proposito, l'episodio in cui il signor
Holman, in pena per la figlia, rifiuta di considerare le malattie come
una punizione inflitta ai peccatori, e si oppone strenuamente a chi lo
esorta alla rassegnazione, reclamando il diritto di sperare fino
all'ultimo, ed affermando, senza alcuna vergogna, l'attaccamento alla
vita terrena.
Ciò che si apprezza, in particolare, è la modernità
della Gaskell: donna irreprensibile, e perfetto esempio di devota
moglie e madre vittoriana, che tuttavia non si fa scrupolo di attaccare
molti dei pregiudizi culturali della sua epoca, come quello
(perfettamente espresso dalle parole dell'intelligente ma antiquato
padre di Paul) secondo cui le donne non dovrebbero attribuire alcuna
importanza alla cultura, essendo essa perfettamente inutile nella cura
della prole o nella gestione della casa.
Altra tematica immancabile, e ricorrente nel romanzo gaskelliano, è quella del progresso, del nuovo che avanza, inesorabile e necessario. In Cousin Phillis, il progresso ha il volto della ferrovia che percorre le vecchie strade di campagna, stravolgendo il paesaggio e costringendo la gente a fare i conti con l'innovazione da cui, volenti o nolenti, non si torna indietro; un progresso che, in questo romanzo, diviene metafora della vita stessa, del sopraggiungere dell'età adulta, con i suoi dispiaceri ed i suoi ostacoli, con la presa di coscienza di sè stessi e del mondo, e con gli inevitabili cambiamenti che ogni essere umano deve affrontare quando vengono meno le illusioni e ci si confronta, per la prima volta, con la realtà.
Ed è così che potremmo, innanzitutto, definire Cousin Phillis: un romanzo sulla caduta delle illusioni: perché tutti, in questo racconto, sperimentano la fine di un'illusione e la perdita dell'innocenza. Perfino i genitori di Phillis, ormai in età matura, devono rinunciare, non senza soffrirne, alla più preziosa delle loro illusioni: quella di poter proteggere per sempre la loro bambina, risparmiandole dolori e cadute, e devono arrendersi alla realtà che ella è ormai cresciuta, e che, per quanto possano tenerla sotto la loro ala, non potranno impedirle di conoscere il mondo fuori dal nido, nè potranno impedire alla natura di fare il proprio corso.
La storia di Phillis, in un certo senso, è una storia dal valore universale, una storia che va ben al di là del racconto di un amore sfortunato: è una storia che in qualche modo riguarda tutti, perché per ognuno, prima o poi, arriva il momento in cui la spensieratezza finisce e l'incanto dell'infanzia lascia spazio alla realtà più complessa, più concreta e difficile, dell'età adulta.
Si tende, spesso, a considerare "grandi", gli autori capaci di narrare storie straordinarie; io credo invece che la grandezza di uno scrittore stia anche nel saper raccontare una storia qualunque rendendola speciale, e nel riuscire a far sentire il lettore, persino quello meno emotivo, pienamente partecipe delle vicende narrate... ed Elizabeth Gaskell riesce in tutto ciò.
Il finale, che giunge forse troppo presto, può apparire un po' frettoloso, ed è inevitabile pensare che, probabilmente, la Gaskell avrebbe fatto meglio a rispettare il progetto iniziale di scrivere altri due capitoli a conclusione del romanzo. In fondo però, è stato probabilmente meglio così, perché nessun ulteriore capitolo, avrebbe potuto esprimere con altrettanta forza, il significato di quella frase conclusiva: "Io posso, e voglio!", letta da qualcuno come un messaggio femminista, ma che, invece, deve intendersi piuttosto come un invito rivolto a tuttti, uomini e donne, a non abbattersi, a non lasciarsi scoraggiare dalle difficoltà, a reagire di fronte alle delusioni... perché è vero che nella vita reale, purtroppo, non sempre i sogni che si hanno da bambini si avverano, ma nonostante i dolori, l'amarezza e i rimpianti, la vita vale sempre la pena di essere vissuta; e in fondo, dopo ogni tempesta, per quanto violenta possa essere, alla fine torna sempre il sereno.