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Il Sorriso Eterno di Pär Fabian Lagerkvist
Titolo originale: Det eviga leendet
Scritto nel 1920 - 92 pagine
A cura di Ema
“Il sorriso eterno” si compone di poche pagine,
ma la grande intensità che l’autore svedese vi sparge in ogni frase e
in ogni pensiero, rende questo racconto una specie di lunga ed intensa
riflessione.
Perduta la fede in età giovanile, Lagerkvist non si rassegnerà mai nel
cercare con ogni mezzo di dare un significato all’esistenza e alle intenzioni
di un Dio così misterioso e distante.
Ne “Il sorriso eterno” incontriamo una moltitudine di anime raccolte in
un aldilà oscuro e immobile, intente a raccontarsi le proprie storie di
vita passata, cercando di far trascorrere l’eternità.
Ad un tratto decidono che è giunta l’ora di conoscere la Verità, il motivo
per cui hanno vissuto e il significato della loro condizione. Si mettono
in cammino alla volta di Dio, decise a svelare finalmente il Segreto.
Dopo un’altra eternità giungono al cospetto del Creatore.
Un uomo anziano, triste, in abiti da lavoro: un falegname.
Le anime non credono ai loro occhi ma non si perdono d’animo e iniziano
a interrogare il vecchio, pretendendo risposte.
Risposte che avranno, in parte.
Un libro di grande impatto per credenti e atei, un racconto potente, capace
di scuotere le coscienze senza tuttavia pretendere di indottrinarle.
Per chi è in cammino, per chi è in sosta, per chi non è ancora partito:
“Il sorriso eterno” accompagna chiunque abbia il desiderio di sconfinare
dalla realtà per approdare nella propria anima e nel proprio cuore.
Un libro estremamente complesso, da leggersi non prima dei 16 anni.
Nota: traduzione dallo svedese a cura di Giorgio Prampolini con
introduzione di Alighiero Chiusano.
Nota sull'autore: Nato a Växjo nel 1891, trascorre la giovinezza
condizionato da un ambiente rurale e conservatore in un periodo di forti
cambiamenti nella vita sociale, politica e letteraria. Poeta, drammaturgo
e autore di romanzi e racconti, è uno dei più noti classici svedesi. Gli
anni di esordio sono caratterizzati dall’interesse per le avanguardie,
dalla violenza espressionistica di poesie che riflettono gli orrori della
guerra e da una produzione teatrale influenzata dallo Strindberg mistico
e surreale. Il romanzo Barabba gli vale il Nobel nel 1951. Le sue opere,
anche le più pessimistiche, sono dettate dalla necessità di affermare
i valori fondamentali della vita e dalla costante ricerca di un ateo che
non riesce a superare il vuoto lasciato da una fede perduta. Muore nel
1974.
L'autore nel 1951 ha vinto il Premio Nobel per la letteratura con il romanzo
"Barabba".
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