A cura di Alice (10/2013)
Voto:
"Le donne
intelligenti sono come pecore dalla coda lunga: non vengono pagate ad
un prezzo maggiore per questo."
...Così la pensa il signor Tulliver, proprietario del mulino di
Dorlcote, sulle rive del fiume Floss, a St. Ogg's, quando si tratta
della figlioletta Maggie: una bambina di nove anni, vivace,
intelligente e dotata di una sensibilità fuori dal comune; una bimba
curiosa, che ama leggere, fantasticare, ed abbandonarsi alla più
fervida immaginazione.
Maggie non è una bambina come le altre, e questo non solo per le sue
particolari doti intellettuali e per il suo carattere impulsivo (che le
procura non pochi guai!), ma anche perché, a differenza della cuginetta
Lucy (emblema di perfezione vittoriana), ha la carnagione scura, grandi
occhi nerissimi, ed una folta chioma corvina che rifiuta di
arricciarsi... Una diversità che la madre, e le sdegnose sorelle di
lei, non riescono proprio a perdonarle! A dispetto delle critiche,
però, Maggie trova conforto nell'affettuosa protezione del padre (che
malgrado le proprie considerazioni è sinceramente orgoglioso di lei) e,
specialmente, nello sconfinato amore per Tom, il fratello maggiore: il
suo idolo, l'eroe della sua vita e l'unico che, coi suoi rimproveri,
riesca a ferirla profondamente. Tom vuole bene alla sorellina, ma ha un
carattere duro, severo ed intransigente, e quando lei sbaglia, non si
pone alcuno scrupolo nel punirla duramente. Sono questi i primi dolori
di Maggie, le prime ferite ch'ella deve affrontare quando, ancora
troppo piccola per razionalizzare la sofferenza, non trova altro modo
di sfogarsi che chiudersi in soffitta e maltrattare una vecchia bambola
di legno.
Le pene di Maggie, le sue inquietudini, la rabbia e i piccoli grandi
drammi che caratterizzano buona parte della sua vita di bambina, sono
raccontati dalla Eliot con una sensibilità ed una lucidità che fanno di
lei, accanto a Charles Dickens, una degli autori che meglio hanno
saputo descrivere e comprendere il mondo dell'infanzia, evitando
stereotipi e banalità.
Sostenuta da un insaziabile desiderio di sapere e da un'intima
coscienza della propria superiorità intellettuale, che la spinge ad
imparare e a compiacersi dei propri successi, Maggie attraversa la
fanciullezza piena di desideri e speranze, ma proprio quando la vita
sembra offrirle ogni possibilità, ecco che il destino crudele, nelle
vesti del fallimento paterno, si accanisce sulla famiglia, trascinando
i Tulliver nella povertà, nel dolore e nell'umiliazione, spogliandoli
non solo dei loro averi e del loro status sociale, ma soprattutto della
serenità. Privato dell'amatissimo mulino dallo scaltro
avvocato Wakem,
contro cui aveva intentato una causa, Tulliver nutrirà per lui un odio
malsano, che trasmetterà, con intensità forse addirittura maggiore, al
giovane Tom.
Maggie si affaccia quindi alla prima giovinezza, già provata da
sofferenze più grandi di lei. L'immaginazione che l'aveva confortata
non le basta più e così cerca un appiglio nella fede, ma, inesperta e
priva di una guida, crederà che l'unica via per la pace sia quella di
votarsi ad una vita di sole rinunce e sacrifici.
Animata da un costante bisogno d'amare e di essere amata (quell'
"insaziabile fame del cuore" così ben descritta dall'autrice), ella
finirà per legarsi a Philip Wakem, un ragazzo storpio che l'adora e la
venera sopra ogni cosa, ma che, sfortunatamente, è proprio il figlio di
quello stesso avvocato responsabile delle disgrazie di famiglia.
Maggie, lottando contro la sua coscienza, è quindi costretta alla
clandestinità, e quando il suo segreto verrà scoperto, ripiomberà
nell'ostinata ed innaturale rassegnazione a cui si era precedentemente
aggrappata.
Ma, come giustamente dirà il buon Philip: "La gioia e la pace non sono
rassegnazione: rassegnazione è l'accettare volontariamente una pena che
non si allevia. L'insensibilità non è rassegnazione, ed è insensibilità
il rimanere nell'ignoranza, il bloccare tutte le strade per cui la vita
dei vostri simili può giungere a vostra conoscenza (...) Non è che
codardia cercare la salvezza in una negazione. Nessun carattere diventa
forte in questa maniera. Un giorno voi sarete buttata nel mondo, e
allora tutte quelle ragionevoli soddisfazioni dell'istinto che ora vi
rifiutate, v'assaliranno come un appetito selvaggio".
... e quelle ragionevoli soddisfazioni dell'istinto, ahimè, prenderanno
le forme di un uomo: Stephen Guest, giovane ed affascinante rampollo
della famiglia più importante di St. Ogg's, nonché pretendente e
"quasi-fidanzato" di Lucy, l'amatissima cugina di Maggie.
Le pagine in cui George Eliot racconta il nascente sentimento di Maggie
e Stephen, sono tra le più belle della letteratura: gli sguardi rubati,
i silenzi, la paura di trovarsi assieme e, contemporaneamente, la brama
di essere l'uno accanto all'altra... Un'attrazione irresistibile ed
una
tensione palpabile, che l'autrice descrive meravigliosamente senza
scivolare mai nel sentimentalismo o nella stucchevolezza.
L'amore autentico, il trasporto e la passione, forze violente e ricche
di fascino, che Maggie non solo aveva bandito da sè, ma che neppure
immaginava, divoreranno l'animo della ragazza; e lei, disperatamente
combattuta tra l'amore per Stephen e la fedeltà verso i propri cari,
dovrà fare la scelta più difficile: quella tra sè stessa e gli altri.
Il Mulino sulla Floss è
un'opera molto complessa in cui si intrecciano
romanzo di formazione, storia familiare, amore (inteso in
senso lato)
e, soprattutto, uno
sferzante atto di denuncia contro il perbenismo, la
superficialità, e l'ipocrisia di una società che si professa cristiana
ma che, all'atto pratico, rinnega quei princìpi che tanto ostenta,
ergendosi a giudice implacabile e condannando il prossimo senza pietà
né onestà.
Il Mulino sulla Floss è letto da molti come un romanzo femminista, e
sicuramente in parte lo è: è femminista in quanto si focalizza sulla
condizione della donna; non della tipica donna vittoriana, angelica,
sottomessa, fragile e asessuata, impersonata da Lucy Deane, (ideale che
non è altro che un prodotto della società maschilista); bensì della
donna vera: quella dotata di volontà, conscia del proprio valore,
amante dell'indipendenza, capace di provare passioni e desideri. Maggie
incarna esattamente questa tipologia femminile. Nella media borghesia
di campagna, però, non c'è spazio per una donna come lei, e così tutte
le qualità che fanno di Maggie una persona speciale, vengono vissute da
lei stessa come colpe, come un qualcosa di troppo grande che genera
aspirazioni e che, quindi, la spingerebbe a volere più di quel che ha;
qualità a cui, pertanto, è doveroso rinunciare. Maggie si auto condanna
ad un arido ascetismo, credendo di trovarvi sollievo, ma come le dirà
Philip, il suo è solo un vano tentativo di ridursi all'insensibilità
alienandosi tutto ciò che di piacevole vi è in questo mondo.
La prima parte del romanzo risulta un po' lenta (appesantita
specialmente dalla pessima traduzione Mondadori di oltre sessant'anni
fa), mentre nella seconda metà il ritmo si fa più incalzante e anche la
trama diviene più avvincente.
Il Mulino sulla Floss, comunque, deve gran parte della sua bellezza
soprattutto ai suoi meravigliosi personaggi, caratterizzati
meticolosamente, e splendidamente approfonditi sotto il profilo
psicologico.
Al di là della stupenda protagonista, ho apprezzato moltissimo Philip
Wakem: esempio di rara sensibilità, amore incondizionato, abnegazione
ed autentica signorilità; un personaggio che, pur nella sua bontà,
sfugge agli stereotipi, delineandosi non come un emblema di mitezza e
perfezione, ma come un ragazzo con le sue proprie debolezze, gelosie,
rancori... Difetti che egli riconosce e che, con fatica e dedizione,
riesce a combattere e superare. Philip, a dispetto della propria
fragilità fisica, possiede una grande forza interiore e, tra tutti, si
dimostra colui che vede più chiaramente nel cuore del prossimo. Dopo
decine e decine di romanzi vittoriani imperniati sulla sentimentale e,
a tratti, sdolcinata, devozione dei figli verso i genitori, mi è
piaciuto moltissimo l'atteggiamento di Philip che, nonostante la
riconoscenza nei confronti del padre, non si sente affatto in debito
verso di lui e non è disposto a rinunciare al proprio diritto di essere
felice per compiacere gli egoistici desideri paterni.
Bello anche il personaggio di Stephen: non il classico dongiovanni
pronto a correre dietro alla prima bella ragazza, bensì un giovane
forse un po'frivolo e impulsivo, ma con un grande cuore e, soprattutto,
una coscienza. In Stephen la passione assume, di tanto in tanto, il
volto dell'egoismo, ma anche i vari errori che egli compie, sono in
realtà dettati dall'amore più sincero.
Ne Il Mulino sulla Floss non vi sono "cattivi" veri e propri, anzi,
paradossalmente, il vero male e la vera cattiveria, provengono proprio
da coloro che mostrano la più perfetta integrità e il più completo
senso del decoro e dell'onore, come Tom: un ragazzo fondamentalmente
buono, ma accecato dai suoi rigorosi princìpi che, in lui, si rivelano
perfino più forti dell'amore.
Divertentissimi i personaggi degli zii, le cui conversazioni, sebbene
si protraggano spesso per parecchie pagine, non appesantiscono il
romanzo, anzi lo impreziosiscono aggiungendo un piacevole tocco di
umorismo.
Un ultimo aspetto che non si può tralasciare quando si parla de Il
Mulino sulla Floss, è l'elemento autobiografico: Mary Anne Evans,
infatti, sperimentò sulla propria pelle ciò che vuol dire essere una
bambina diversa, e vide deteriorarsi il proprio legame col fratello,
proprio perché, a dispetto della società, scelse di vivere la propria
storia d'amore con G.H. Lewes, celebre scrittore e critico inglese, che
non potè mai sposarla in quanto già legato ad una donna che aveva avuto
figli da diverse relazioni extra-coniugali (figli che lui non aveva
disconosciuto, perdendo quindi la facoltà di divorziare da
lei).
A Mary Anne, tuttavia, andò meglio che alla sua Maggie: la sua
posizione illegittima, infatti, non le impedì (caso quasi eccezionale)
di essere ricevuta ufficialmente dalla Regina Vittoria che, insieme
alle sue figlie, era un'appassionata lettrice dei romanzi di George
Eliot. Anche la società finì con l'accettarla, condannandone invece la
scelta, ch'ella fece anni dopo la morte di Lewes, di sposarsi
regolarmente con un uomo di vent'anni più giovane.
Proprio la società e la sua ipocrisia sono il bersaglio contro cui si
scaglia la Eliot ne Il Mulino sulla Floss: per la società Maggie merita
una condanna, non per aver tradito i propri cari, ma per non aver
regolarizzato la propria posizione agli occhi della Società. Maggie
rifiuta il compromesso che salverebbe la sua reputazione, e lo fa
perché quel compromesso sarebbe contrario ai suoi princìpi; rifiuta di
allontanarsi da St. Ogg's perché sa di non aver commesso il male, e
pretende di camminare a testa alta perché riconosce come false le
accuse che le vengono mosse. Maggie rinuncia a sè stessa in nome della
propria coscienza: per anni ha sofferto senza che altri si dessero pena
per lei, ma non infliggerà al prossimo quella stessa sofferenza che ha
sperimentato sulla propria pelle. Per Maggie non vi può essere alcuna
felicità che sia costruita sulle sofferenze altrui: ogni gioia sarebbe
avvelenata perché resa possibile da un male perpetrato ad
altri.
L'elevato senso morale di Maggie, la sua generosità e la sua onestà,
vengono fraintesi, rifiutati e messi in dubbio da coloro che, come dice
la scrittrice, non sarebbero neppure in grado di porsi simili dubbi
morali, e che, pertanto, non giudicano che in base a
stereotipi.
Per Maggie non c'è un lieto fine: non potrebbe essercene, perché il
momento in cui ella prende la decisione definitiva, corrisponde non
alla rinuncia all'amore, bensì alla rinuncia alla vita in tutti i suoi
aspetti; e questa rinuncia le è imposta dalla società, quella stessa
società che condanna senza appello la condotta della donna e che, nello
stesso tempo, giustifica tranquillamente i peccatucci maschili; e le è
imposta dal moralismo delle persone che riconoscono in lei una colpa
che ella non ha commesso, ma di cui, agli occhi della gente (e del suo
stesso fratello) deve essersi necessariamente macchiata.
Il Mulino sulla Floss è un romanzo corposo,
ricco di digressioni e
lunghe riflessioni dell'autrice, eppure si legge davvero
piacevolmente, senza esserne mai annoiati.
Sono passati centocinquant'anni dalla pubblicazione di questo romanzo,
eppure, le osservazioni della Eliot, le tematiche che tratta e le
problematiche su cui pone l'accento, sono ancora tristemente attuali, a
dimostrazione del fatto che, nonostante i passi avanti fatti dalla
nostra società, abbiamo ancora tanto su cui lavorare...
"I giudizi morali sono
destinati a restar falsi e vuoti, ove non siano controllati e
illuminati da un continuo riferimento alle speciali circostanze che
caratterizzano il destino individuale" dice George Eliot,
e sarebbe bene se tutti, ogni giorno, provassimo a ricordarcene.