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IL GIOVANE HOLDEN di J.D. Salinger
Pubblicato anche con il titolo "Vita da Uomo"
Titolo originale: The Catcher in the Rye
1° Edizione 1951
A cura di *Rigel
E’ abbastanza bizzarro ritrovarsi, per una fortuita coincidenza, a
leggere Il giovane Holden negli stessi giorni in cui il mondo intero si
scopre a faccia a faccia con la morte del suo padrino, lo straordinario
J.D. Salinger.
Una figura, quella di Salinger, che si trova ora più che mai a fare i
conti con la propria fama, con la propria storia, che ricalca
indelebili i contorni di un eroe anticonformista e misantropo. Tratti
decisi che delineano una personalità al limite dell’icona, protagonista
di una vita che assume grottescamente le sembianze di un ossimoro: un
ebreo, ma anche uno dei primi soldati americani a varcare le soglie di
un campo di concentramento nazista, uno scrittore invisibile che con un
solo libro si assicura fama eterna.
Salinger è diventato leggendario, prima di tutto perché pochi come lui
hanno avuto il divino dono della sua stessa capacità di scrittura. Ma
anche perché, come sostiene il giornalista Wlodek Goldkorn, non ha mai
creduto nel mito del Grande Romanzo Americano e soprattutto non ha mai
provato a scriverlo.
Attraverso Salinger muore e vive una personalità ai limiti degli
eccessi, che ha colpito indelebilmente la sensibilità dei media
occidentali. Una natura che sopravvive nella continua negazione di sé
stessa, con una caparbietà propria solo di alcuni santi cattolici dei
secoli passati. Nell’era del capitalismo, del consumo, del culto della
persona, Salinger, forse per una disgraziata paranoia, ha mandato tutto
a quel paese, ha sputato su ciò che chiunque brama di avere: fama,
ricchezza.
Ora, all’alba della sua morte, il mondo s’interroga su cosa potrà
contenere la misteriosa cassaforte di manoscritti salingeriani,
catalogati dallo stesso autore per una futura pubblicazione postuma.
Chissà se fra quelle pagine, scritte solo per un umano e egoistico
piacere, si nasconde l’autentico Grande Romanzo Americano.
Nei ruggenti anni ’50 né lo scrittore americano né il suo eroe sono
ignari alla società, dipinta come un mondo avido e ostile, un mostro
che oppone serie minacce all’individualità, cosicché ogni forma di
autocontrollo è vissuta come maligna e sbagliata, una società che si
nutre e strangola la libertà di ogni individuo.
Quella di Holden è una percezione infantile del mondo, violenta,
disordinata, ingrata. Il giovane antieroe non può far altro che subire
questa realtà, patendo la propria impotenza. Gli adulti, da sempre
simbolo dell’assennatezza e del giusto vivere, sono smascherati
impietosamente da Salinger e da Holden, a sostegno dell’idea che in
quell’America, a metà di un grande secolo,la condizione adulta non è
sinonimo di maturità. E’per questo che per molti anni, non solo Holden,
ma migliaia di studenti americani rifiutarono di andare in quelle
fantastiche e hollywoodiane università, costose, costosissime, dove gli
avrebbero insegnato a diventare uomini e donne, riflessi e automi della
società, dello Stato. Uno Stato che poco tempo dopo li avrebbe
scaraventati nel Vietnam.
Crescere è difficile, per cui è meglio rimanere adolescenti per sempre,
affetti da una sindrome di Peter Pan che assume le sembianze di una
condizione mentale e spirituale che urla il rifiuto volontario
nell’eseguire il ponderato esercizio di vita, a cui sono legati i
doveri della maggiore età.
Holden quindi non è l’unico che preferirà l’esaurimento nervoso nel
freddo comfort della sua casa, rispetto al cambiamento scolastico. Non
è l’unico che sfregerà il bigotto e intramontabile slogan “proud to be
american”.
E questa condizione di “impostori” colpisce anche molti giovanotti come
lui, tranne la sorellina Pheobe, che Holden ama e protegge teneramente
e che lo convince a tornare a casa. Ward Stradlater è un “impostore”,
nella sua tracotante arroganza di bellimbusto, come anche Sally Hayes,
la ragazza newyorkese verso la quale Holden sembra provare qualche
istintuale interesse. Tutta faccine, mossette e risatine. Ma quante
ragazze sono come “la vecchia Sally”…
Anche quelli apparentemente migliori, rivelano presto la loro natura di
“fasulli”. Prendete quel Mister Antolini per esempio, un ex professore
di Holden che lo accoglie in casa, insieme alle sue confidenze. Holden
rimane anche a dormire da lui, per poi svegliarsi nel cuore della
notte, sobbalzando sotto una mano che gli accarezza la testa. Che
diavolo vorrà quell’Antolini?
Holden è un principe naufrago in questo mondo di personaggi
colorfumodilondra, non appartiene a questo Grande Creato di ombre, di
controfigure, di maschere accigliate e altezzose. Questo povero Holden
costretto a vivere la propria gioventù bruciata al cospetto del radioso
ricordo del suo adorato fratellino Allie.
Il nostro Holden si mette in giro per una New York cupa e mortificante
e in giro vede cose, incontra persone e persino degli animali, che più
di tutti hanno il potere di stupirlo. Così si chiede, lui che è curioso
e si interroga davanti a tutto, che non possiede quell’irritante e
diffidente indifferenza “fasulla” degli adulti: “ma dove vanno
d’inverno le anitre di Central Park?”. Domanda, espressione simbolo di
tutto l’universo Holdeniano, che ritornerà spesso nella mente del
lettore come una filastrocca.
Così come tornerà alla mente quel titolo, The Catcher in the Rye,
titolo tanto sublime nella sua genesi, quanto deturpato da una
traduzione italiana che predilige la comunicazione di massa alla
poesia. The Catcher in the rye, il prenditore nella segale, racchiude
la quintessenza del romanzo, rende palpabile la violenza disperata, la
carica sessuale, la solitudine esistenziale del nostro caro e
intramontabile Holden.
E come un Grande Gatsby di mezzo secolo è un adolescente che osserva e
giudica con severità la società che lo circonda, distante e reticente
verso il mondo che voleva educarlo, che gli voleva far celebrare quel
dannato “rito di passaggio”.
Holden non ci sta. Questo “catcher” di periferia, sta fermo in mezzo al
campo (di “rye”, di segale, naturalmente) pronto ad afferrare
provvidenzialmente ogni cosa, ogni palla, ogni bambino, ogni emozione,
ogni lettore che cada accidentalmente da quelle parti.
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