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I DOLORI DEL GIOVANE WERTHER di J.W.Goethe
Scritto nel 1774
Genere: drammatico
A cura di Sara [02/04/2004]
Puntualmente, ogni estate che si rispetti, le "care"
case editrici bombardano i nostri cuori e le nostre menti di assidui lettori
con quelli che dovrebbero diventare i nuovi Best Seller della letteratura
mondiale. Da Follet a Grisham, da Smith a King, ogni anno una miriade
di amanti dello "sfogliar pagine" si accalca nelle librerie con il dubbio
amletico se scegliere gialli polizieschi o avventure dal sapore archeologico.
Quando poi la scelta ricade su questo o su quell'altro libro, si torna
di corsa a casa e ci si tuffa a pieno nelle vicende del romanzo. Una volta,
infine, che la lettura è terminata, si prova una grande soddisfazione,
grande come la velocità con la quale quelli che, per una o per due settimane,
sono stati, oltre ai protagonisti del libro, anche i nostri compagni di
avventura, vengono dimenticati. E così, il "grande capolavoro" rimane
lì, nella nostra libreria, pieno di polvere e vuoto di ricordi. Si cerca
in continuazione di eleggere a titolo di nuovo "Dante" uno di quei famosi,
per alcuni versi bravi nuovi scrittori.
Quelli che, invece, sono veri ed indimenticabili capolavori rimangono
soltanto nelle poche reminiscenze scolastiche. Tolstoj, Dostoevskij, Sepulveda,
Wilde, Hemingway, Dumas, Hugo: sono soltanto alcuni dei nomi di coloro
che meritano di salire sul podio della letteratura di tutti i tempi. Partecipare,
non soltanto assistere alle vicende: questo fa del libro una pietra miliare
e dell'autore una grande personalità. Si deve ridere, piangere, soffrire
come ride, piange e soffre il protagonista. Nostri sono i protagonisti;
noi dobbiamo diventare essi stessi.
Sono queste tutte le emozioni che si provano leggendo "I dolori del giovane
Werther" di J.W.Goethe. Pubblicato una prima volta nel 1774 e rielaborato
poi in una seconda edizione nel 1782, ebbe in soli quattro mesi un successo
straordinario. Werther, un giovane borghese deluso dalla società del suo
tempo, si rifugia in campagna, dove tesse una fitta corrispondenza con
un suo amico, un certo Wilhelm, rimasto in città. Attraverso queste lettere
si sviluppa tutta la vicenda: la vita bucolica che Werther trascorre con
sottobraccio il suo amato Omero, l'amore appassionato, sfrontato, puro,
erotico, incontrollabile per Charlotte (Lotte), una fanciulla che con
violenza entra nel cuore e nella mente di Werther, l'amicizia-odio con
Albert, fidanzato della stessa Lotte, l'amore provato ma non corrisposto,
la fuga in città, il ritorno in campagna e il finale suicidio. Un susseguirsi
di avvenimenti, di colpi di scena, ma anche di riflessioni sulla vita,
sul suo significato, sulla sua fine.
Il lettore rimane folgorato dalla prima fino all' ultima parola.
Il personaggio di Werther, così fuori dal comune, ma così sentito, arrogante
nella sua umiltà di essere uomo, provoca un vortice indefinito e indefinibile
di sensazioni uniche e indescrivibili. Non è un caso, infatti, che subito
dopo la prima pubblicazione del romanzo, si registrò, oltre al fenomeno
dell' imitazione letteraria, quello, meno innocuo, dell'imitazione del
protagonista da parte dei lettori giovani, con il risultato di una vera
e propria epidemia di suicidi. Si sviluppò, infatti, in Europa, il cosiddetto
"Wertherismo", il sentimentalismo introspettivo che tende ad identificare
l'amore con la morte. Non erano sicuramente queste le volontà dell'autore:
Egli voleva creare, con questo romanzo, un libro che fosse anche e soprattutto
un amico per tutti coloro che non ne avessero. E ci è pienamente riuscito.
Ci si trova davanti ad un vero e proprio capolavoro di stile, ma soprattutto
di grande umanità, la quale traspare da tutto il romanzo. Non a caso la
figura di Goethe è una delle più colorite, singolari e profonde della
letteratura di ogni luogo e periodo. Il libro è di poche pagine, ma ciascuna
di esse trasmette un qualcosa di introvabile e di assolutamente unico.
Vale sicuramente la pena di leggerlo: rimarrà nella memoria del lettore
per molto, molto, tempo, forse per tutta la vita, augurandosi che sia
più lunga e felice di quella del povero, grande Werther.
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